sabato 30 marzo 2013

“L’azienda: luogo e realizzazione dell’umano!”



 “L’azienda: luogo
e realizzazione dell’umano!”
Introduzione da «L’Artigianato in terra pontina.
Quale opportunità d’impresa? Confartigianato – Centro Studi Toniolo.



Sappiamo quanto oggi è difficile inserirsi nel mondo produttivo e sappiamo quanta confusione regni intorno al mondo del lavoro e dell’economia. Il momento non è certamente dei migliori, ma dobbiamo avere la forza di cercare e trovare le positività anche nei momenti di difficoltà e di crisi.

«Paradossalmente, la crisi può diventare un’occasione per mettere delle fondamenta più salde all’opera che si sta costruendo, guadagnando più consapevolezza delle ragioni sottese…» sono queste le parole di Juliàn Carròn, teologo e presidente di Comunione e Liberazione, che ci invitano – al di là delle personali convinzioni - ad affrontare l’attuale momento con un atteggiamento costruttivo e propositivo.

Non dimentichiamoci che la parola “crisi”, che deriva dal greco, ha un significato di “cambiamento”, quello che oggi tutti noi stiamo vivendo in ambito economico e lavorativo; è un momento di “cambiamento” anche se spinto da fenomeni non positivi. Per questo dobbiamo attrezzarci sotto tutti i punti di vista, anche intellettuali.

È nostra intenzione, quindi, cercare di mettere alcuni punti fermi affinché il giovane possa scegliere la propria strada o, quanto meno, avere alcuni dati ed elementi su cui riflettere.

Quando parliamo di lavoro, qualunque esso sia, parliamo del nostro futuro e di quello del nostro ragazzo e, di riflesso, delle loro famiglie e dell’intero Paese.

Ma quali sono i primi passi e le prime riflessioni da fare?

Oggi per affacciarsi al mondo della produzione e del lavoro, in generale, dobbiamo tenere presenti alcuni punti forza.
Parafrasando il mondo assicurativo, o prendendo spunto dal saggio di Ken Follett «I pilastri della terra», possiamo parlare anche noi di alcuni precisi “pilastri” che sorreggono il proprio futuro professionale e lavorativo, cui i nostri ragazzi dovrebbero fare attenzione:

1) la professionalità
2) la “rete amicale” e relazionale
3) l’Etica professionale

Il tutto “condito” da un riferimento ideale e da un pizzico di fortuna che non guasta mai.
Ma andiamo per ordine, tralasciando la “fortuna” che certamente non dipende troppo da noi, anche se chi segue un ordine nella propria vita ha maggiori facilità di realizzazione e poi il resto è più facile che giunga innanzi.

La professionalità…..

Quando parliamo di professionalità, il concetto base è che il giovane deve “saper fare” qualche cosa, deve avere una passione in una determinata azione e sapere. Ormai i tuttologi hanno fatto il loro tempo; il che non significa che bisogna non essere flessibili (anzi!), ma avere in mano un sapere concreto.
Bisogna essere bravi in un qualche cosa.
La formazione, lo studio, l’aggiornamento professionale, come ci rammenta San Josemaria Escrivà in «Cammino», una raccolta di pensieri e insegnamenti che sono una sorta di manuale di sopravvivenza nella vita quotidiana, è un “obbligo grave”.
Bisogna studiare bene, approfondire, comprendendo che questo è un lavoro che poi si capitalizzerà nell’immediato futuro e servirà per orientare concretamente la propria vita quotidiana con tutto quello che ne deriva.

Studiare quello che si vuole, trovare la materia, il corso universitario o professionale che più piaccia o che si confà alla persona e farlo bene, senza perdere tempo. Ovviamente, prima di decidere una strada professionale o d’impresa che sia, bisogna valutare bene sia le proprie reali possibilità – sempre con un atteggiamento propositivo e costruttivo - e il mercato in cui si andrà ad operare.

È certamente difficile farlo comprendere ai ragazzi, ma si stanno giocando il loro futuro e devono fare uno sforzo; noi adulti, insegnanti, educatori, dobbiamo ”accompagnarli” in questo percorso. È nostra responsabilità morale.

Il secondo pilastro è la rete amicale e relazionale.

Un grande educatore e pedagogo, Luigi Giussani, in uno dei suoi numerosi scritti, ci ha sottolineato che «come non si può nascere da soli e come non si può vivere da soli, così non si può rispondere al proprio bisogno – qualunque esso sia, anche quello che sembra più singolare
possibile - se non in una compagnia, se non con l’aiuto di una compagnia. Da soli – continua Giussani - nessun bisogno può essere affrontato con quella sistematicità che l’organicità della nostra vita esige».

È un concetto importante per i ragazzi di oggi e non solo per loro. Bisogna fare “compagnia”, stare insieme, non isolarsi nel proprio castello mentale e fare sinergia con gli altri; collegarsi con chi vuole percorrere un tragitto insieme, essere presenti e attivi nei contesti in cui si vive
(un tempo si parlava di “partecipazione”), dall’università all’associazione professionale o imprenditoriale, dal Club di servizio a una propria comunità locale di riferimento. Non esiste solo il social network di turno, che è solo uno strumento da saper utilizzare e da non farci coinvolgere più di tanto.

Bisogna avere il coraggio di mettere in relazione il proprio “io” con un “noi” che ci darà sicuramente più stimoli e forza nell’agire.

Mai come in questo momento di difficoltà economica e lavorativa, bisogna stare insieme per aiutarsi, scambiarsi pareri e informazioni, dare vita a una interazione solidaristica.

Anche nella scelta della propria attività d’impresa, non bisogna sottovalutare di prendere il largo con forme di imprese cooperativistiche o no profit.

Terzo pilastro è quello dell’etica professionale.

Non è certamente questo il luogo per addentrarsi nel concetto di etica, ma è essenziale che il giovane abbia la capacità di essere fedele a un codice deontologico della propria professionalità.
Bisogna sforzarsi a discernere ciò che è positivo dal negativo, il bene dal male e seguire una corretta linea di comportamento.

Quando parliamo di etica professionale o etica del lavoro, significa anche il riuscire a dare un senso al lavoro stesso, riuscire a guardare oltre il contingente.

Ma, oltre a questi tre semplici e chiari “pilastri”, il tutto deve essere immerso in un riferimento ideale, qualunque esso sia, ed è essenziale avere un metro di paragone del proprio agire.

Dobbiamo avere alcuni punti fermi, alcuni “paletti” intorno a cui costruire e ancorare il nostro futuro lavorativo e professionale.

Quali? Dove trovarli?

È questa una ricerca personale e soggettiva.
Il Magistero sociale della Chiesa (vedi l’ultima Enciclica di Benedetto XVI «Caritas in Veritate» sul problema del lavoro e dell’economia, come tutto l’insegnamento di Giovanni Paolo II o le grandi figure come San Josemaria, Luigi Giussani…) e i grandi pensieri laici in materia etica ed economica sono tutte “proposte”, ma poi la scelta è individuale.

L’importante è avere un qualche riferimento che sia come una propria bussola per orientarsi nella vita quotidiana.

In tutto questo l’Associazione di categoria può (e deve) avere un ruolo molto importante.
È quel “corpo sociale intermedio” che deve accompagnare l’impresa a muovere i primi passi e guidarla nell’attività quotidiana. Ma anche qui bisogna fare una premessa importante: l’impresa non è un soggetto astratto, un freddo articolo di codice civile, ma una realtà produttiva che ha il suo fulcro nella persona, nel valore della persona che sia essa imprenditore o lavoratore.

Se poi andiamo ad analizzare le micro imprese o le attività artigianali, ci accorgiamo che intorno alla figura dell’imprenditore vi sono collaboratori che spesso sono i propri familiari.

Ricordiamoci che un’azienda non è solo un insieme di numeri e percentuali, ma un luogo di realizzazione per chi ci lavora.
«Bisogna restituire all’impresa un valore positivo come creatrice di ricchezza e benessere», come evidenzia il già Presidente nazionale di Confartigianato Giorgio Guerrini, in una intervista al settimanale «Tempi».

Le piccole imprese sono la spina dorsale del tessuto produttivo italiano e oggi, continua Guerrini, soffrono i postumi di una sbronza qualunquista, per cui per anni si è fatto credere ai giovani che potevano prepararsi come volevano e poi un modo per inserirsi nel mondo del lavoro l’avrebbero trovato. È necessario – conclude Giorgio Guerrini - illustrare ai giovani le reali necessità occupazionali del nostro Paese…”ut operetur” sarebbe il caso di dire.

Ivan Simeone

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