«L’Artigianato
in terra pontina.
Quale
opportunità d’impresa?
Il Saper
fare…»
__________________________________________________________________
Prima analisi e guida per la
costituzione di una impresa artigiana
Con il contributo della Camera
di Commercio di Latina
Introduzione di Ivan Simeone alla ricerca sull'artigianato pontino.
L’artigianato è una
opportunità
La realtà artigianale
nella nostra provincia è considerevole, basti pensare che le imprese
attualmente iscritte all’albo camerale sono circa 10.000 su 50.000 del totale
delle società. All’interno del mondo artigianale ci sono diversi settori, come ad
esempio l’artigianato artistico, che sono sotto-potenziati e che possono
divenire una valida e concreta opportunità occupazionale per molti giovani. Il
problema è certamente legato alla questione dei sostegni ma anche (e
soprattutto) a una giusta informazione nei confronti delle nuove generazioni; il
problema, infatti, è anche di impostazione culturale.
Oggi l’artigianato è una opportunità.
L’artigianato non ruota solo
intorno al ceramista o all’orafo; non è rappresentato solo dall’impagliatore di
un tempo ma da moderne imprese, spesso all’avanguardia. Parliamo di imprese di
produzione, di trasformazione, del mondo della moda come quello
dell’alimentazione. Una realtà forse oggi sconosciuta ma che registra
importanti fatturati e offre posti di lavoro sia per “l’imprenditore
artigiano” che per i suoi collaboratori, spesso familiari.
Nella provincia di
Latina, alla luce della crisi – ormai palese - del sistema della grande
industria strutturatasi nel periodo della Cassa del Mezzogiorno, le micro
imprese e le PMI sono le uniche realtà che possono “tenere in piedi” l’economia
locale e cercare di offrire risorse e occupazione.
Questo lavoro vuole
aprire una finestra sul mondo dell’artigianato nella provincia di Latina e
offrire un percorso a quanti vogliano scommettere sul proprio futuro puntando
sull’imprenditorialità.
La guida è
sostanzialmente composta da tre parti: quella iniziale, dove si va a esaminare
sostanzialmente la figura dell’artigiano e del “senso” del lavoro in generale;
una seconda parte dove si analizza il tessuto artigianale pontino e una terza
parte dove si vuole “condurre per mano” il giovane ad aprire un’attività
d’impresa nel settore.
Il lavoro è stato reso
possibile sia dall’utilizzo di dati camerali, della Confartigianato nazionale e
da documenti, studi e analisi della Confartigianato di Latina, pubblicazioni nonché
da ricerche presso siti istituzionali. Inoltre è stata fatta una ricerca
diretta presso i comuni della nostra provincia, per cercare di far emergere
esperienze e tipicità.
Introduzione
Sappiamo quanto oggi è difficile inserirsi
nel mondo produttivo e sappiamo quanta confusione regni intorno al mondo del
lavoro e dell’economia. Il momento non è certamente dei migliori, ma dobbiamo
avere la forza di cercare e trovare le positività anche nei momenti di
difficoltà e di crisi.
«Paradossalmente,
la crisi può diventare un’occasione per mettere delle fondamenta più salde
all’opera che si sta costruendo, guadagnando più consapevolezza delle ragioni
sottese…» sono queste le parole di Juliàn
Carròn, teologo e presidente di Comunione e Liberazione, che ci invitano – al
di là delle personali convinzioni - ad affrontare l’attuale momento con un
atteggiamento costruttivo e propositivo.
Non dimentichiamoci che la parola “crisi”,
che deriva dal greco, ha un significato di “cambiamento”, quello che oggi tutti
noi stiamo vivendo in ambito economico e lavorativo; è un momento di
“cambiamento” anche se spinto da fenomeni non positivi. Per questo dobbiamo
attrezzarci sotto tutti i punti di vista, anche intellettuali.
È nostra intenzione, quindi, cercare
di mettere alcuni punti fermi affinché il giovane possa scegliere la propria
strada o, quanto meno, avere alcuni dati ed elementi su cui riflettere.
Quando parliamo di lavoro, qualunque
esso sia, parliamo del nostro futuro e di quello del nostro ragazzo e, di
riflesso, delle loro famiglie e dell’intero Paese.
Ma
quali sono i primi passi e le prime riflessioni da fare?
Oggi per affacciarsi al mondo della
produzione e del lavoro, in generale, dobbiamo tenere presenti alcuni punti
forza. Parafrasando il mondo assicurativo, o prendendo spunto dal saggio di Ken Follett «I pilastri della terra», possiamo parlare anche noi di alcuni
precisi “pilastri” che sorreggono il proprio futuro professionale e lavorativo,
cui i nostri ragazzi dovrebbero fare attenzione:
1) la professionalità
2) la “rete amicale” e relazionale
3) l’Etica professionale
Il tutto “condito” da un riferimento ideale e da un pizzico di
fortuna che non guasta mai. Ma andiamo per ordine, tralasciando la “fortuna”
che certamente non dipende troppo da noi, anche se chi segue un ordine nella
propria vita ha maggiori facilità di realizzazione e poi il resto è più facile
che giunga innanzi.
Quando parliamo di professionalità, il concetto base è che
il giovane deve “saper fare” qualche cosa, deve avere una passione in una
determinata azione e sapere. Ormai i tuttologi hanno fatto il loro tempo; il
che non significa che bisogna non essere flessibili (anzi!), ma avere in mano
un sapere concreto.
Bisogna essere bravi in un qualche
cosa.
La formazione, lo studio,
l’aggiornamento professionale, come ci rammenta San Josemaria Escrivà in
«Cammino», una raccolta di pensieri e
insegnamenti che sono una sorta di manuale di sopravvivenza nella vita
quotidiana, è un “obbligo grave”.
Bisogna studiare bene, approfondire, comprendendo che questo è un lavoro che
poi si capitalizzerà nell’immediato futuro e servirà per orientare
concretamente la propria vita quotidiana con tutto quello che ne deriva.
Studiare quello che si vuole, trovare
la materia, il corso universitario o professionale che più piaccia o che si
confà alla persona e farlo bene, senza perdere tempo. Ovviamente, prima di
decidere una strada professionale o d’impresa che sia, bisogna valutare bene
sia le proprie reali possibilità – sempre con un atteggiamento propositivo e
costruttivo - e il mercato in cui si andrà a operare.
È certamente difficile farlo
comprendere ai ragazzi, ma si stanno giocando il loro futuro e devono fare uno
sforzo; noi adulti, insegnanti, educatori, dobbiamo ”accompagnarli” in questo
percorso. È nostra responsabilità morale.
Il secondo pilastro è la rete amicale e relazionale.
Un grande educatore e pedagogo, Luigi Giussani, in uno dei suoi
numerosi scritti, ci ha sottolineato che «come
non si può nascere da soli e come non si può vivere da soli, così non si può
rispondere al proprio bisogno – qualunque esso sia, anche quello che sembra più
singolare possibile - se non in una compagnia, se non con l’aiuto di una
compagnia. Da soli – continua Giussani - nessun bisogno può essere affrontato con quella sistematicità che
l’organicità della nostra vita esige».
È un concetto importante per i ragazzi
di oggi e non solo per loro. Bisogna
fare “compagnia”, stare insieme, non isolarsi nel proprio castello mentale e
fare sinergia con gli altri; collegarsi con chi vuole percorrere un tragitto
insieme, essere presenti e attivi nei contesti in cui si vive (un tempo si parlava
di “partecipazione”), dall’università all’associazione professionale o
imprenditoriale, dal Club di servizio a una propria comunità locale di
riferimento. Non esiste solo il social network di turno, che è solo uno
strumento da saper utilizzare e da non farci coinvolgere più di tanto.
Bisogna avere il coraggio di mettere
in relazione il proprio “io” con un “noi” che ci darà sicuramente più stimoli e
forza nell’agire.
Mai come in questo momento di
difficoltà economica e lavorativa, bisogna stare insieme per aiutarsi,
scambiarsi pareri e informazioni, dare vita a una interazione solidaristica.
Anche nella scelta della propria attività
d’impresa, non bisogna sottovalutare di prendere il largo con forme di imprese
cooperativistiche o no profit.
Terzo pilastro è quello dell’etica professionale.
Non è certamente questo il luogo per
addentrarsi nel concetto di etica, ma è essenziale che il giovane abbia la
capacità di essere fedele a un codice deontologico della propria
professionalità. Bisogna sforzarsi a discernere ciò che è positivo dal
negativo, il bene dal male e seguire una corretta linea di comportamento.
Quando parliamo di etica professionale
o etica del lavoro, significa anche il riuscire a dare un senso al lavoro
stesso, riuscire a guardare oltre il contingente.
Ma, oltre a questi tre semplici e
chiari “pilastri”, il tutto deve essere immerso in un riferimento ideale,
qualunque esso sia, ed è essenziale avere un metro di paragone del proprio
agire. Dobbiamo avere alcuni punti fermi,
alcuni “paletti” intorno a cui costruire e ancorare il nostro futuro lavorativo
e professionale.
Quali?
Dove trovarli?
È questa una ricerca personale e
soggettiva.
Il Magistero sociale della Chiesa
(vedi l’ultima Enciclica di Benedetto XVI «Caritas
in Veritate» sul problema del lavoro e dell’economia, come tutto
l’insegnamento di Giovanni Paolo II o le grandi figure come San Josemaria,
Luigi Giussani…) e i grandi pensieri laici in materia etica ed economica sono
tutte “proposte”, ma poi la scelta è individuale. L’importante è avere un
qualche riferimento che sia come una propria bussola per orientarsi nella vita
quotidiana.
In tutto questo l’associazione di categoria può (e deve) avere un ruolo molto
importante. È quel “corpo sociale intermedio” che deve accompagnare l’impresa a
muovere i primi passi e guidarla nell’attività quotidiana. Ma anche qui bisogna
fare una premessa importante: l’impresa non è un soggetto astratto, un freddo
articolo di codice civile, ma una realtà produttiva che ha il suo fulcro nella
persona, nel valore della persona che sia essa imprenditore o lavoratore. Il
concetto non cambia. Se poi andiamo ad analizzare le micro imprese o le
attività artigianali, ci accorgiamo che intorno alla figura dell’imprenditore
vi sono collaboratori che spesso sono i propri familiari. Ecco che il discorso
cambia.
Ricordiamoci
che un’azienda non è solo un insieme di numeri e percentuali, ma un luogo di
realizzazione per chi ci lavora.
«Bisogna
restituire all’impresa un valore positivo come creatrice di ricchezza e
benessere», come evidenzia
il presidente nazionale di Confartigianato Giorgio
Guerrini, in una intervista al settimanale «Tempi». Le piccole imprese sono
la spina dorsale del tessuto produttivo italiano e oggi, continua Guerrini,
soffrono i postumi di una sbronza qualunquista, per cui per anni si è fatto
credere ai giovani che potevano prepararsi come volevano e poi un modo per
inserirsi nel mondo del lavoro l’avrebbero trovato. È necessario – conclude
Giorgio Guerrini - illustrare ai giovani le reali necessità occupazionali del
nostro Paese…”ut operetur” sarebbe il caso di dire.
Nessun commento:
Posta un commento