sabato 11 dicembre 2021

Lectio Magistralis di SER Mons Crociata al "Rotary Club Latina"

 Mons. Crociata al Rotary Club Latina

Lectio Magistralis del Vescovo di Latina su “Chiesa e Unione Europea”

Il ruolo della Chiesa Cattolica nell’ambito dell’Unione Europea è stato l’argomento trattato da SER Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina e Vice Presidente del COMECE, la Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea, in un incontro organizzato dal “Rotary Club Latina”, tenutosi lo scorso 9 dicembre presso l’Hotel Europa di Latina. L’incontro, presieduto dal dott. Alfredo Cugini, Presidente del Rotary di Latina, ha visto una vera Lectio Magistralis di SER Mons Crociata, che ha analizzato i rapporti sia di carattere giuridico che squisitamente diplomatico che intercorrono tra la Chiesa Cattolica e l’Unione Europea, nonché le problematiche aperte nei numerosi dossier di lavoro. Un intervento preciso ed appassionato che ha raccolto l’attenzione dei professionisti ed imprenditori presenti.

Mons Crociata ha evidenziato come alla Chiesa sta a cuore l’Unione europea ed il bene di tutti i cittadini. La Mission della Chiesa nelle Istituzioni europee, è quello di difendere valori e principi che riguardano il bene comune dei popoli europei senza perdere di vista la propria missione pastorale.

Un cristiano, ha puntualizzato Il Vescovo di Latina, non fa fatica a riconoscersi nei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, “ciò tuttavia non basta a superare le difficoltà del presente, non tanto nelle relazioni formali, quanto nell’intreccio di tensioni e pulsioni culturali che attraversano il corpo sociale dei popoli europei; tensioni e pulsioni  he trovano all’interno delle istituzioni europee sponde e gruppi di pressione che rendono controverse e difficili sia l’interpretazione delle affermazioni di principio della Carta Europea, sia più in generale il dialogo e la comprensione reciproca. Un esempio significativo è rappresentato dalla elaborazione delle linee guida sul linguaggio inclusivo adottate e subito precipitosamente ritirate.”

Nel Suo intervento ai rotariani di Latina, Mons. Crociata ha approfondito tematiche quali il senso ultimo e l’importanza di una Democrazia che deve essere maggiormente partecipata e, riproponendo le parole del Santo Padre Papa Francesco nel discorso dello scorso 4 dicembre ad Atene, ha evidenziato l’importanza di una partecipazione e il coinvolgimento di tutti ad un impegno nella buona politica. Non si può, conclude Mons Crociata rischiare di perdere il dialogo e la mediazione sociale.

Il Presidente del Rotary Club Latina Alfredo Cugini ha concluso la serata evidenziando l’importanza di “alzarsi in piedi” e di impegnarsi sempre più nel tessuto sociale.

Alla presidenza dei lavori erano presenti il Vice Presidente del RC Latina Giovanni Lungarella e i Past President Ivan Simeone e Andrea Nascani.

Latina 11/12/2021

 

Rotary Club Latina

Documenti - Chiesa e Europa - SER Mons. Mariano Crociata

Chiesa e Unione Europea

Intervento di SER Mons. Mariano Crociata – Vescovo di Latina e Vice Presidente del COMECE al “Rotary Club Latina”

 

Può essere utile prendere le mosse da un riferimento storico per cogliere lo sfondo in cui si colloca una considerazione del rapporto tra Chiesa e Unione Europea che abbia il sapore dell’attualità. Precisamente negli anni a cavallo dei due secoli (e dei due millenni), nell’Unione Europea si lavorò per darle una costituzione. Tra i dibattiti che animarono la vicenda, si colloca anche quello riguardante l’inserimento nella costituzione della menzione delle radici cristiane dell’Europa. 

La proposta fu tenacemente osteggiata e alla fine respinta. Di fatto anche il tentativo di approvare la costituzione andò incontro al fallimento, per il rifiuto opposto da Francia e Paesi Bassi, manifestato in due referendum nazionali, nel 2003 e nel 2005.Il passo successivo fu la redazione di un trattato che prende il nome da Lisbona, la città dove esso fu approvato nel 2007 per entrare poi in vigore nel 2009. Di esso entrò a far parte anche la Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione, la quale all’articolo 17 così si esprime nel primo comma: «L’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale». Poi nel terzo comma aggiunge: «Riconoscendone l’identità e il contributo specifico, l’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni».  Queste disposizioni costituiscono il punto di riferimento e la base giuridica del rapporto tra Chiesa e Unione Europea, oltre che naturalmente di quello con le altre confessioni cristiane e religioni. Viene riconosciuta la figura istituzionale delle chiese cristiane e delle religioni e considerato necessario intrattenere con esse un dialogo aperto, cioè senza rimuovere questioni e problemi; trasparente, istituzionalmente leale e finalizzato alla comprensione e alla collaborazione, e quindi pubblicamente identificabile; regolare, ovvero legato a un impegno costante di confronto e di condivisione delle rispettive posizioni e valutazioni via via emergenti circa i temi e le situazioni sempre nuove che il cammino dell’Unione presenta.  

Se questa è la posizione dell’Unione Europea, da parte loro le Chiese non hanno interessi di parte da difendere, non cercano cioè vantaggi o privilegi di sorta. Se c’è una cosa che sta a cuore alle Chiese e alla Chiesa Cattolica in particolare, essa è l’Unione stessa e il bene comune di tutti i cittadini. In fondo è questo il criterio a cui si attiene l’attività della Chiesa Cattolica in rapporto all’Unione Europea; infatti essa tiene fermo come punto di riferimento l’insegnamento sociale della Chiesa, espresso nella sua forma più significativa dagli interventi dei papi, dalla Rerum novarum di Leone XIII in avanti. Ciò che sorprende è che la gran parte dei valori dichiaratamente professati nei documenti dell’Unione risuona ampiamente della tradizione cristiana a cui naturalmente attinge, dal momento che da essa l’Europa è stata plasmata. Ne è un esempio inequivocabile ciò che leggiamo nel Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nella Versione consolidata del 2016: «Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

Un cristiano non fa fatica a riconoscersi in simili affermazioni. Ciò tuttavia non basta a superare le difficoltà del presente, non tanto nelle relazioni formali, quanto nell’intreccio di tensioni e pulsioni culturali che attraversano il corpo sociale dei popoli europei; tensioni e pulsioni che trovano all’interno delle istituzioni europee sponde e gruppi di pressione che rendono controverse e difficili sia l’interpretazione delle affermazioni di principio appena citate, sia più in generale il dialogo e la comprensione reciproca. Un esempio abbastanza significativo in tal senso è rappresentato dalla elaborazione delle Linee guida sul linguaggio inclusivo recentemente adottate e, subito, precipitosamente ritirate.

Nel rapporto tra Chiesa e Unione Europea bisogna distinguere due livelli istituzionali. Il primo è quello della Santa Sede, in forza del quale il Sommo Pontefice, che la presiede in quanto vescovo di Roma, oltre che sovrano dello stato della Città del Vaticano, in quanto soggetto di diritto internazionale, nomina un suo rappresentante presso l’Unione Europea, precisamente un Nunzio Apostolico; reciprocamente, l’Unione Europea è rappresentata da un suo ambasciatore presso la Santa Sede. Un livello distinto è quello delle Diocesi, i cui vescovi operano congiuntamente attraverso le Conferenze episcopali nazionali. Come dice il Preambolo dello Statuto della COMECE approvato nel 2017, «i Vescovi dei Paesi della Comunità Europea hanno costituito il 3 marzo 1980, con l’approvazione della Santa Sede, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) per realizzare la collaborazione». 

Come dice l’articolo primo dello stesso Statuto: «La Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE) riunisce i vescovi rappresentanti degli Episcopati degli Stati membri dell’Unione Europea al fine di perseguire, nello spirito della collegialità, una più stretta collaborazione fra detti Episcopati, in ordine alle questioni pastorali connesse con lo sviluppo delle competenze e delle attività dell’Unione». E ancora il Preambolo specifica: «La COMECE accompagna il processo politico dell'Unione Europea nelle aree di interesse per gli Episcopati dell’Unione Europea; monitora le attività dell’Unione Europea ed informa a riguardo gli Episcopati dell’Unione Europea; comunica alle istituzioni ed autorità europee le opinioni e le visioni degli Episcopati dell’Unione Europea relativi all’integrazione europea». Naturalmente i due livelli, rappresentati dal Nunzio Apostolico e dalla COMECE, operano d’intesa e secondo un raccordo istituzionale definito, poiché entrambi sono espressione della Chiesa cattolica.  

Volendo toccare adesso qualche punto del lavoro di monitoraggio delle attività dell’Unione per una informazione degli episcopati e per una comunicazione costante, formale e informale, con i vari organi delle istituzioni europee, vorrei riferirmi allo stato delle questioni alla luce dell’ultima assemblea della COMECE che si è svolta nello scorso mese di ottobre.

Dai rapporti dei vari organismi emerge una delle domande fondamentali con cui l’Unione Europea si trova a confrontarsi, che riguarda il ruolo che essa vuole giocare sulla scena globale, se di uno spettatore indifferente o diviso, o di un attore in grado di modellare il mondo del post-pandemia per renderlo un luogo più giusto e pacifico, sostenibile e accogliente. In questa ottica lo sguardo va agli scenari globali su cui l’UE è chiamata a confrontarsi, ma anche alle questioni interne. Sul piano globale, vanno segnalati: la dichiarazione congiunta del presidente della COMECE e del presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti per un partenariato transatlantico al servizio di un mondo post-pandemia più giusto; la sollecitazione di interventi nell’ambito della tragedia umanitaria in Afghanistan; la segnalazione a vari funzionari dell’Unione della situazione allarmante del Libano, dal punto di vista politico e sociale, oltre che economico; l’incontro con la presidenza slovena del Consiglio dell’Unione Europea; l’incoraggiamento alla ripresa dei negoziati di adesione dei Paesi dei Balcani occidentali all’Unione, a cominciare dalla Macedonia del Nord e dall’Albania (per richiamare solo i punti principali). 

Sempre sullo scenario globale, l’attenzione viene mantenuta alta sul partenariato UE-Africa, con l’insistenza per una strategia complessiva verso l’Africa, e poi con la focalizzazione su temi specifici come l’importanza del patrimonio religioso e culturale, soprattutto il miglioramento della sicurezza alimentare in Africa, e temi specifici come la drammatica condizione dei minori in carcere in Sierra Leone. Un ambito che emerge in prospettiva globale è quello della sicurezza e della difesa europea. Di particolare urgenza il problema dell’equità globale dei vaccini e la crisi irrisolta dei confini orientali dell’Ucraina.  

I dossier sulle questioni interne sono molteplici. Anche qui, allo scopo di dare un’idea delle materie sottoposte allo studio e a iniziative di informazione, dialogo e confronto, citiamo i capitoli principali.

·         I diritti fondamentali (che includono una varietà di temi, come le norme sul trattamento dei dati, la protezione del bambino, la lotta contro i crimini e i discorsi di odio, la protezione dei luoghi di culto, la macellazione rituale degli animali, il divieto di simboli religiosi in pubblico e la legislazione antiriciclaggio);

·         gli affari sociali ed economici (su questo in particolare la difesa del lavoro dignitoso, anche delle persone con disabilità, e del giorno festivo settimanale comune, la tassazione delle imprese digitali e la sua redistribuzione);

·         le questioni di etica, ricerca e salute (la prima proposta della Commissione Europea di regolamentazione giuridica dell’intelligenza artificiale, l’etica finanziaria, la cura degli anziani, la politica per la salute e in particolare la produzione e la distribuzione dei vaccini anche oltre i confini dell’Unione, il molto discusso ‘Rapporto Matic’ sulla salute delle donne, che per la prima volta avanza l’idea di un ‘diritto’ all’aborto, il diritto all’obiezione di coscienza);

·         il fenomeno delle migrazioni e la richiesta di asilo (con la rassegna di tutti i fronti su cui l’Unione è esposta ai flussi migratori e la segnalazione delle gravi condizioni in cui versa, spesso con la perdita della vita, la massa di migranti che torna ad essere numericamente consistente anche se non nella misura della fase precedente alla pandemia);

·         la cultura e l’istruzione (su cui da un po’ si affaccia l’interesse della COMECE, portandosi sullo spazio europeo dell’istruzione, sull’istruzione e formazione professionale, sulla promozione della cultura e la tutela del patrimonio culturale), le politiche giovanili e il tema della sostenibilità (in particolare nella politica agricola e con il cosiddetto Green Deal europeo).

Un tema ancora all’attenzione costante del segretariato della COMECE è quello della libertà religiosa, che ha fatto emergere in questi ultimi anni un atteggiamento un po’ tiepido da parte della Commissione Europea sull’argomento. La nomina di un Inviato speciale dell’UE per la promozione della libertà di religione o di credo nell’azione esterna ha richiesto tempi estenuanti e la ricerca di un candidato è nuovamente in corso a causa della nomina ministeriale nazionale della personalità originariamente identificata (Christos Stylianides). Il problema si segnala come rilevante sia all’interno dell’Unione (basti pensare alle restrizioni che la pandemia ha indotto a introdurre nell’espressione pubblica: non a caso il papa ha parlato in questo ambito di “persecuzione gentile”) sia, soprattutto, in numerosi Paesi terzi. L’impegno della COMECE su questo punto è rilevante, grazie anche alla collaborazione con altri soggetti internazionali, soprattutto religiosi.

Questa arida elencazione, peraltro incompleta, di questioni fatte oggetto di costante scambio di informazione e documentazione, oltre che di disamina e di iniziativa nel dialogo interno e con l’Unione, credo possa dare l’idea di come si conduca il rapporto tra Chiesa cattolica e Unione Europea. Accanto alle tematiche, tuttavia, bisognerebbe considerare il processo complessivo in atto dal punto di vista religioso e culturale, che dice meglio la ‘temperatura’ reale, più che formale e istituzionale, tra ciò che la Chiesa rappresenta e gli orientamenti di fondo di cui l’Unione Europea si fa interprete.

Per questo motivo, è necessario ricordare che al centro di tutto l’impegno della COMECE sta la scelta europea: «la Chiesa porta avanti e difende, senza esitazioni, l’ideale europeo e il relativo processo di integrazione», come ha detto il card. Hollerich nella sua relazione introduttiva. È senza dubbio importante, in tal senso, al di là del modo viene gestita soprattutto in rapporto alle Chiese, la Conferenza sul futuro dell’Europa, un’iniziativa comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, avviata nel maggio 2021 e destinata a concludersi nella primavera 2022, con lo scopo di aprire uno spazio di dialogo e di discussione in merito al ruolo e alle strategie dell’Unione, per consentire a cittadini e soggetti europei di esprimere le loro opinioni e le loro aspettative sulle future politiche e sulle priorità dell’Unione. L’attenzione della consultazione si concentra in modo particolare su tre ambiti: cambiamento climatico e ambiente, trasformazione digitale, migrazione.

In realtà la questione cruciale che l’iniziativa segnala, con la sua stessa proposta, è quella della democrazia e dei valori. In tal senso il presidente della COMECE nella sua relazione ha osservato che si può «legittimamente insistere su una maggiore trasparenza dei processi, inclusi quelli legislativi, a Bruxelles. Essi rimangono non poche volte quasi impermeabili al pubblico scrutinio, perlomeno nelle fasi inter-istituzionali. Possiamo inoltre chiedere ai nostri interlocutori istituzionali quali strumenti e meccanismi si stiano delineando nelle discussioni in seno alla Conferenza per consentire una partecipatività maggiore da parte dei cittadini nella vita dell’Unione. Lascia un po’ perplessi anche la tendenza a mescolare il più debole riferimento ai “valori” fondamentali, con quello ai diritti fondamentali, ai quali si deve accompagnare il relativo contrappeso dei doveri». Importante dunque l’iniziativa della Conferenza, che tuttavia deve essere messa al riparo dal rischio di ridursi a una operazione di pura cosmesi, a cui non faccia seguito un cambiamento dei metodi e dello stile in rapporto all’opinione pubblica europea e ai bisogni e alle attese delle popolazioni dei Paesi che compongono l’Unione.

Credo che la parola più attuale e puntuale sulle questioni che stiamo toccando l’abbia detta il papa, nel suo recente viaggio a Cipro e in Grecia. Nel discorso del 4 dicembre, tenuto nel palazzo presidenziale di Atene, ha detto:

«Qui è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli. Non si può, tuttavia, che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della democrazia. Essa richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti. In diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di “scetticismo democratico”. Ma la partecipazione di tutti è un’esigenza fondamentale; non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti. Ma c’è pure uno scetticismo nei confronti della democrazia provocato dalla distanza delle istituzioni, dal timore della perdita di identità, dalla burocrazia. Il rimedio a ciò non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma sta nella buona politica. Perché la politica è cosa buona e tale deve essere nella pratica, in quanto responsabilità somma del cittadino, in quanto arte del bene comune. Affinché il bene sia davvero partecipato, un’attenzione particolare, direi prioritaria, va rivolta alle fasce più deboli. Questa è la direzione da seguire, che un padre fondatore dell’Europa indicò come antidoto alle polarizzazioni che animano la democrazia ma rischiano di esasperarla: «Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale» (A. De Gasperi, Discorso tenuto a Milano, 23 aprile 1949). Un cambio di passo in tal senso è necessario, mentre, amplificate dalla comunicazione virtuale, si diffondono ogni giorno paure e si elaborano teorie per contrapporsi agli altri. Aiutiamoci invece a passare dal parteggiare al partecipare; dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti. Dal parteggiare al partecipare. È la motivazione che ci deve sospingere su vari fronti: penso al clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alle povertà diffuse. Sono sfide che chiedono di collaborare concretamente e attivamente. Ne ha bisogno la comunità internazionale, per aprire vie di pace attraverso un multilateralismo che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste». 

Questa lunga citazione mi è sembrata la più adeguata a rappresentare lo stato dei rapporti tra Chiesa e Unione Europea, e il giudizio con cui la prima guarda alla seconda, non come osservatore estraneo, ma come attore che ha a cuore l’attuazione del progetto dell’Unione. Questo avere a cuore forse è ciò che esprime meglio il modo di porsi della Chiesa, rispetto a una Unione Europea che non la ricambia certo con la medesima cordialità.

 

Latina, 9 dicembre 2021