mercoledì 30 marzo 2011

Rilascio DURC: nuova procedura su Sportello Unico online

da PMI.it

Nuova procedura telematica per il rilascio DURC da parte di INAIL, INPS e Cassa Edile: due circolari segnalano il completo rinnovamento dello Sportello Unico Previdenziale (Sportellounicoprevidenziale.it) presso cui fare richiesta del Documento Unico di Regolarità Contributiva. Da un lato è stato aggiornato il software da utilizzare per inoltrare la richiesta (DURC 4.0), dall'altro sono state inserite dal 28 marzo nuove funzionalità nel portale web che funge da sportello virtuale unico.

DOCUMENTI CORRELATI

Dal punto di vista temporale è confermata la validità trimestrale del DURC. A richiederlo, per via telematica, sono le "amministrazioni aggiudicatrici" alle quali INAIL, INPS e Casse edili forniscono l'accesso al servizio online tramite PIN identificativo sul sito dello Sportello Unico Previdenziale.

Quando va richiesto il DURC? Lo spiega la circolare INPS del 28 marzo 2011 che, facendo seguito a quella INAIL del 24 marzo, fa anche il punto sul Regolamento attuativo del Codice Contratti Pubblici.

Per gli appalti pubblici, è necessario per verificare la dichiarazione sostitutiva e l'assenza di violazioni gravi in materia di contributi previdenziali e assistenziali. IL DURC ottenuto deve risultare ancora valido (o venire rinnovato) al momento della verifica dei requisiti, fase che precede l'aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto vero e proprio.

Il DURC serve anche per i pagamenti degli stati di avanzamento lavori (SAL) e delle prestazioni relative a servizi e forniture (dunque, per incassare le fatture).

Il DURC valido è necessario in ogni fase di esecuzione dei lavori, anche dopo aver vinto la gara di appalto: in primis per ottenere i certificati di collaudo, poi di regolare esecuzione, di verifica di conformità, l'attestazione di regolare esecuzione e, infine, per il pagamento del saldo finale.

Infine, va richiesto per il rilascio dell'attestazione SOA; per l'attestazione di qualificazione dei contraenti generali rilasciata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

SUAP al via, doppio binario per 6 mesi

Da oggi lo sportello per le imprese (SUAP) dovrebbe essere più funzionale. Ma siamo sicuri che nei comuni della provincia di Latina siano veramente e concretamente operativi ? Non vi è il rischio che esistano solo sulla carta, a discapito dei cittadini e delle imprese ? Credo che "Confartigianato", nei prossimi giorni, porrà in essere una iniziativa politico-sindacale sul problema !!!

Ivan Simeone

da PMI.it

SUAP in vigore da oggi: nessun rinvio per lo "Sportello unico delle attività produttive" che prende il via regolarmente, ma i Comuni in ritardo potranno continuare con la documentazione cartacea per altri sei mesi. La Circolare congiunta è stata emanata all'ultimo momento da Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero dello Sviluppo Economico, a fronte delle difficoltà manifestate da circa 6.000 Comuni italiani.

In meno di 2.000 erano infatti pronti a partire oggi con le nuove procedure telematiche che mirano ad abbattere la burocrazia e dare la possibilità di avviare un'impresa in un giorno, contestualmente alla riforma della SCIA telematica in vigore dal primo aprile 2011.

Il doppio binario non dovrà andare oltre il 30 settembre: a sottolinearlo è stato il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta in risposta alla proposta di Rete Imprese Italia: «il protrarsi senza scadenze precise di un doppio regime creerebbe incertezze per le imprese e vanificherebbe le innovazioni».

martedì 29 marzo 2011

Sportello SUAP...e a Latina ?

Latina necessita di servizi più concreti per le imprese. E' ora che i politici pensino anche concretamente allo sviluppo.
I. Simeone

da PMI.it

Impresa in un giorno: slitta l'avvio SUAP?


La riforma dello "Sportello unico delle attività produttive" (SUAP) per aprire e avviare un'impresa in pochi click - entrata in vigore attesa per domani - potrebbe essere rinviata: il progetto "Impresa in un giorno", infatti, potrebbe slittare di sei mesi, previsto dalla Finanziaria 2008 ma arenatosi per colpa dei ritardi delle amministrazioni italiane.

Solo il 26% dei Comuni è pront per l'importante appuntamento del 29 marzo e, secondo Unioncamere, 6mila Comuni non sono pronti a partire: molti non hanno neppure l'ADSL! Solo in 2mila hanno aperto un proprio SUAP.

A livello regionale la più alta percentuale di accreditamenti SUAP è stata registrata in Emilia Romagna, Toscana e Valle d'Aosta. A livello provinciale Aosta, Ferrara, Lucca, Pescara, Parma, Pistoia, Ravenna. Su 107 Province, solo 7 hanno tutti i Comuni dotati della struttura prevista.

L'impossibilità ad operare è però da attribuirsi anche alla mancanza del decreto relativo a tariffe e modalità di accreditamento delle agenzie private per le imprese, che sono migliaia, e ben felici si sostituirsi ai SUAP, ma manca il regolamento. Una sorta di "privatizzazione della burocrazia" che consentirà alle imprese di affidarsi a professionisti privati, associazioni di imprenditori o lavoratori, sindacati e centri di assistenza tecnica, ottenendo tempi più brevi, maggiore affidabilità e garanzia di un servizio che "paga" in quanto privato e quindi più competitivo, ha fatto notare Giulio Baglione della CNA.

Il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, ha inviato una lettera ai Ministri Paolo Romani, Renato Brunetta e Roberto Calderoli con la richiesta di rinvio, ritenendo migliore la soluzione di un «avvio sincronizzato dell'intero processo in modo che tutte le imprese, indipendentemente dalla loro ubicazione geografica, siano messe nelle reali condizioni di poter beneficiare delle nuove semplificazioni», cruciali in quanto rendono trasparente e certo il rapporto tra PA e imprese aumentando la competitività del sistema imprenditoriale.

Dunque, se il tutto dovesse essere confermato, si continuerebbe a procedere con la modalità cartacea fino a settembre.

mercoledì 23 marzo 2011

Nucleare: rispunta una mappa...è reale ?


Latina....si riapre il confronto e il dibattito sul nucleare! Cosa fare ?

Di seguito pubblichiamo una nota tratta da PMI.it.

Ivan Simeone


Nucleare in Italia: pause di riflessione a parte dopo il terremoto, lo tsunami e la dispersione di radiazioni nucleari dalle centrali giapponesi, il dibattito continua. E anche le polemiche, soprattutto intorno alla potenziale mappatura dei siti italiani su cui costruire le centralistoccaggio delle scorie. ed effettuare lo

La mappatura attuale deriva da un dossier del 1979, che interessava ogni Regione segnalando per ciascuna i siti più adatti. A margine della interrogazione parlamentare presentata nel 2010 (n.5-04009) da Ivano Miglioli (Pd), il Governo non ne ha negato la validità, come dichiarato da Ermete Realacci, responsabile green economy del Partito Democratico.

Il sottosegretario allo Sviluppo Economico, Stefano Saglia, ha spiegato che per il momento il nuovo documento «è da ritenersi una bozza preliminare».

La vecchia mappatura Cnen, mai utilizzata dopo il referendum del 1986, che fermò lo sviluppo del Nucleare del nostro paese, utilizza criteri per la definizione dei siti - che permetterebbero di considerare ancora attuale tale mappatura - ancora validi, poichè riguardano la stabilità geologica del territorio, la presenza di acqua e lo stato di popolosità.

Secondo il dossier, per costruire impianti nucleari sono ad esempio interessanti zone in Piemonte e Lombardia lungo il Po, così come il Veneto alla foce del Piave e la Sicilia lungo la costa meridionale. In quest'ultimo caso i comuni coinvolti sarebbero Licata, Marina di Ragusa, Gela e Mazara del Vallo. Escluse l'Umbria, lontana dall'acqua, e la Liguria, in generale troppo popolata.

I siti di stoccaggio delle scorie, invece, erano stati individuati con maggiore puntualità dalla Sogin, la società controllata dal Ministero del Tesoro per la gestione degli impianti nucleari. Le zone sotto la lente d'ingrandimento erano/sono nel Lazio (provincia di Viterbo), in ToscanaBasilicata e Puglia, In Emilia Romagna (piacentino, Monferrato, colline emiliane). (nella Maremma), al confine tra

"Carta dei siti" CNEN (1979)*

Piemonte - 1. la zona lungo il Po, da Torino a nord di Chivasso (Vercelli). 2. la zona intorno alla Dora Baltea a sud di Ivrea (Biella).

Lombardia - 3. la zona a nord di Voghera lungo il Po (Pavia) 4. la zona a sud di Mantova lungo il Po 5. la zona a sud di Cremona lungo il Po Veneto 6. la zona a sud di Legnago fra Adige e Po (Rovigo) 7. la zona del delta del Po (Rovigo) 8. la zona della foce del Piave (Venezia) 9. la zona costiera al confine con il Friuli (Venezia).

Friuli Venezia Giulia - 10. la zona costiera al confine con il Veneto (Udine) 11. la zona lungo il Tagliamento tra Spilimbergo e Latisana (Udine-Pordenone).

Emilia Romagna - 12. La zona costiera a nord (Ferrara e Ravenna) e la meridionale fino a Rimini 13. La zona a nord di Fidenza fra Taro e Po (Parma).

Toscana - 14. Isola di Pianosa (Livorno) 15. la zona costiera a nord di Piombino fino a Cecina (Livorno) 16. la zona a sud di Piombino fino a Follonica (Grosseto) 17. la zona costiera di Grosseto e la zona a nord e a sud del Monte Argentario (Grosseto).

Lazio - 18. la zona costiera di Montalto di Castro (Viterbo) 19. l'area di confluenza tra Nera e Tevere tra Magliano Sabina e Orte (Viterbo) 20. l'area costiera di Borgo Sabotino (Latina).

Campania - 21. Foce del Garigliano (Caserta) 22. Foce del Sele (Salerno).

Calabria - 23. area costiera di Sibari (Cosenza) 24. la zona costiera vicino alla città di Cosenza. 25. la zona costiera ionica vicino alla foce del Neto (Crotone) a nord di Crotone (Marina di Strongoli, Torre Melissa, Contrada Cangemi, Tronca). 26. la zona costiera ionica in corrispondenza di Sella Marina, tra il fiume Simeri e il fiume Alli (Catanzaro).

Molise - 27. la zona costiera meridionale alla foce del Biferno (Termoli).

Puglia - 28. zona costiera al confine con la Basilicata (Taranto) 29. zona costiera a nord del promontorio del Gargano in prossimità di Lesina (Foggia) 30. zona costiera del Golfo di Manfredonia (Foggia) 31. la zona costiera ionica a nord di Porto Cesareo (Lecce) 32. la zona costiera ionica a sud di Gallipoli (Lecce) 33. la zona costiera adriatica a nord di Otranto (Lecce) vincoli naturalistici 34. la zona costiera a sud di Brindisi (Lecce) vincoli naturalistici 35. la zona costiera in corrispondenza di Ostuni (Brindisi).

Basilicata - 36. tutta la costa ionica della regione.

Sardegna - 37. foce del Flumendosa (Cagliari) 38. costa orientale a sud del Golfo di Orosei (Nuoro) 39. costa orientale a nord del Golfo di Orosei (Nuoro) 40. zona costiera sud tra Pula e Santa Margherita di Pula (Cagliari) 41. costa occidentale zona costiera a nord e sud del Golfo di Oristano (Oristano).

Sicilia - 42. zona costiera intorno al comune di Licata (Agrigento) 43. la zona costiera tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Ragusa) 44. la zona costiera intorno a Gela (Caltanissetta) 45. la zona costiera a sud di Mazara del Vallo (Trapani).

* Elenco non ufficiale, oggetto dell'interrogazione del Pd alla Camera.

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martedì 22 marzo 2011

Il vento del cambiamento passa per l'umanesimo cristiano.


Dobbiamo riprendere un impegno politico attivo dei cattolici anche a Latina. Questo non significa operare con una realtà neo-democristiana...la storia non va indietro anzi....ma abbiamo bisogno di punti di riferimento veri e concreti di cattolici nella politica amministrativa...il problema è che oggi non ne vediamo. Allora cosa fare ? Apriamo un confronto anche a Latina ? Di seguito pubblichiamo un importante articolo, tratto da "La Discussione"

Ivan Simeone



Il Papa Benedetto XVI, a Cagliari, nel 2008, ha auspicato «una nuova generazione di cristiani impegnati nella società e nella politica». Il suo è un richiamo alla responsabilità delle comunità cristiane e un invito ad attivare la partecipazione. Si ripropone un nuovo cattolicesimo politico capace di superare la subalternità culturale. Ci vuole un sussulto di dinamismo per passare dalla subordinazione al protagonismo. I tempi sono maturi per iniziare ad invertire la tendenza, a condizione che si eviti di essere assorbiti dall’attuale bipolarismo.

Per questa operazione va riattivato il genio del cattolicesimo italiano che nel passato ha conosciuto nobili figure di statisti, di santi, di protagonisti di fede, di libertà e di civiltà nella nostra patria. Personaggi ad esempio come De Gasperi, Moro, Bachelet che hanno servito Dio e gli uomini, fanno parte integrante della storia d’Italia. Ma son tanti gli esponenti del mondo cattolico, dotati di grande spessore etico, culturale che hanno contribuito alla costruzione della democrazia repubblicana. Gli studiosi onesti concordano nel dire che la rinascita della vita politica e culturale è avvenuta anche grazie al contributo dei cattolici. In questo passaggio storico, il mondo cattolico dev’essere in grado di elaborare idee moderne, visioni vincenti per costruire una nuova idea per l’Italia e un’identità culturale per l’Europa secolarizzata. La secolarizzazione non è un processo inarrestabile o un destino dell’occidente. Tutto finisce. Finirà pure la secolarizzazione. Ne sono stati convinti gli ultimi due Pontefici. Sono stati loro che hanno rilanciato l’urgenza di rievangelizzare il vecchio Continente. Infatti, l’edificazione della casa comune europea, secondo Benedetto XVI, sortirà un buon esito se questo Continente sarà consapevole delle proprie fondamenta cristiane e se continuerà ad avere nel Vangelo il fermento della sua civiltà. Deve venire, però, qualcosa di intelligentemente dirompente e di politicamente originale che sia di ampie prospettive e di lungo respiro. Ci si deve occupare di nuovo del nostro paese e, per quanto possibile, dell’intera umanità. Il mondo cattolico ha un vissuto e risorse per farlo. Si costruirà la globalizzazione del bene comune se insieme alle radici si avranno anche le ali, senza avventurismi. La sfida culturale oggi è quella di trovare un cuore e un’anima dentro la globalizzazione. Occorre volar alto, tornare a pensare in grande. Riprendere a pensare per riappropriarsi di quelle idee forti, figlie di convinzioni forti, orbitanti attorno alle “verità” forti. I cattolici, come lievito nella massa, (cfr. Umberto Muratore. Evangelizzare oggi, in una visione rosminiana , Stresa (VB), 2007) dovranno essere in grado di fare una rivoluzione culturale ed etica, dando esempio sui principi forti e sulla fede negli ideali veri. La sfida è fortemente impegnativa, bisogna provarci. Occorre considerare il proprio essere cristiani e valutare se si è veramente alla ricerca del bene comune, se si opera per riaccendere la speranza di vivere in un mondo che combatte ogni forma di male, oppure se con esso, supinamente, si è rassegnati a convivere. La realtà è quella che è. Non si può pensare che le soluzioni vengano dall’alto e dagli altri. Il territorio va inteso come casa comune e, pertanto, chi vi abita ha il dovere di tenerlo ordinato e pulito, lasciandolo migliore di come l’ha trovato. Il cattolico, quindi , sull’esempio di Gesù, che per il bene dell’umanità offre la sua vita, deve avere la capacità di sentire come proprio il male del mondo. Senza calcoli e senza interessi, si rimboccherà le maniche e porrà in essere politiche buone. È bene ricordare che politiche sono le azioni che si riferiscono nel tempo storico alla polis, cioè alla comunità vivente a cui si appartiene. Elaborerà strategie non solo in chiave nazionale ma anche europea se non globale. In tutte le questioni importanti, occorre tener presente la dimensione mondiale per pervenire a una felice convivenza degli uomini sul nostro pianeta. Oggi, più del passato, esiste la reale possibilità di estendere a tutti gli esseri umani i benefici della civiltà. Molti contemporanei aspirano ad una vita piena e libera per tutti e una unione solida e profonda fra i popoli (cfr. Gs, 9). Gli uomini che diventano sempre più interdipendenti fra di loro, aspirano ad un mondo sempre più unificato (ivi, 24-26). La libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la giustizia e l’amore vengono messi in relazione con tutta l’umanità. Il vento dello Spirito Santo sta tornando a soffiare forte nella Chiesa. Infatti, si avverte da più parti un grande bisogno di spiritualità e di formazione, di luoghi di confronto, di itinerari di riflessione e approfondimento per i cristiani impegnati in politica, al di là delle appartenenze. Si sta prendendo coscienza che così non si può continuare. Dovrà essere rilanciato un movimento di cattolici dalle facce nuove, dotati di fede incrollabile, di profonda spiritualità, di solida dottrina, di obbedienza al magistero della Chiesa. Onesti cittadini, cioè, che profumano di valori evangelici e che sanno riaccendere speranze. Si avverte il bisogno di un nuovo cantiere per il cattolicesimo politico. Il ceto politico va rinnovato dal basso. Non c’è stata, fino ad ora, quell’innovazione che si era prospettata dopo le vicende del “mani pulite”. Ci troviamo di fronte alla cosiddetta zona grigia che rende impermeabile la politica del confronto democratico. Le comunità cristiane non perdino tempo. Si riattivino al più presto per preparare persone competenti che si impegnino a gestire il bene comune con onestà, rettitudine e giustizia. Educhino al dovere della partecipazione e della corresponsabilità. Curino la dignità e la responsabilità del laico nel rispondere alla sua vocazione. Chi si impegna in politica deve avere competenza professionale, passione civile, spirito di servizio, amore per la libertà e la convivenza di tutti senza distinzioni. L’impegno per la costruzione del bene comune anche attraverso l’impegno in politica, richiede un rinnovato contributo dei cattolici. Non è tempo di disimpegno, di piagnistei e di lamentele. L’acquiscienza è sempre colpevole. C’è in atto una grave emergenza morale, politica e istituzionale. La Chiesa non può stare a guardare o a bacchettare. Il nostro Belpaese non era mai caduto così in basso e così a lungo. In che paese viviamo? Che ceto politico abbiamo? “L’Italietta” dà l’impressione di voler restare un paese provinciale, infognato in un’interminabile lotta intestina. Il tessuto sociale è fortemente sfilacciato se non disfatto. Non c’è pudore per comportamenti scandalosamente sbagliati. I disvalori vengono spudoratamente ostentati, arrogantemente proposti, ed esaltati. Il cinismo è diventato valore. La demagogia lusinga le speranze del popolo con vane promesse. Il malcostume imperversa nel linguaggio politico e mediatico. La volgarità e la banalità (a volte turpiloquio), errori ed orrori, si consumano nell’insensibilità generale. L’insulto ha preso il posto del ragionamento. L’aggressione sostituisce il confronto. L’ italico malvezzo, non ha nessun rispetto per l’avversario politico, visto soltanto come nemico da demonizzare o da eliminare con le potenti armi mediatiche. Tanti vescovi italiani hanno espresso disagio per l’attuale situazione socio-politica nostrana, facendo notare che il paese è spesso confuso e deluso dai temi e dai toni del dibattito pubblico. La crisi, però, può diventare un’occasione di maturo discernimento e di nuova progettualità. Da dove far ripartire l’Italia, allora? Per noi, la forza del riscatto va presa dall’ “umanesimo cristiano”. I cattolici in politica si dovranno muovere nella direzione della “teologia del dono” (Giovanni Paolo II), portando questo stile di vita nella società moderna, nella politica e nel mercato senza regole e senza etica. Il loro germe di cambiamento dovrà essere sale che insaporirà la società del consumo e del profitto, amari frutti del capitalismo inumano. Imitando Cristo, dono del Padre, si sentiranno dono, si vivranno come gratuità, assumendo lo stile della condivisione. Lavoreranno per lo sviluppo umano integrale e solidale. Avendo nel Dna la coesistenza delle culture, i cattolici non hanno nemici, ma solo avversari. Non vogliono andare contro qualcuno o qualcosa. Per questo, portano la cultura dell’incontro e non dello scontro. Costruiscono ponti e non muri. Rispettano tutti, pregano per i politici e i governanti, non indulgono a litigare o a lanciare insulti, presentano progetti, profondendo sforzi per il bene del paese. Promuovono un’autentica convivenza umana, per evitare le prepotenze di alcuni e facilitare il dialogo costruttivo per il necessario consenso sociale. Il vero impegno sociale è quello che scaturisce dal vero bene della persona. Per questo loro devono essere al servizio della dignità umana. L’esercizio della democrazia ha l’obbligo di rispettare i principi etici e morali vincolanti per la promozione del bene comune. La sana politica prescinde dall’ideologia. Cerca il bene comune, attraverso modi efficaci di convivenza, eliminando interessi particolari o di gruppi. I fondamenti antropologici, ricordati ultimamente dal Cardinale Angelo Bagnasco, «La dignità della persona umana; l’incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna», sono un patrimonio di valori che la stessa ragione e il senso comune possono riconoscere e condividere. Infatti, anche la Costituzione italiana, nella quale essi sono presenti, li indica quali riferimenti fondamentali per la convivenza democratica. Occorre convenire sulla ragionevolezza dei summenzionati valori e sul vantaggio che da essi deriva per una società a vera misura d’uomo. Se tali valori venissero a mancare, anche con voto di maggioranza, le leggi che ne deriverebbero sarebbero ingiuste. Va ricordato che le norme (direttive concrete di comportamento), dovrebbero garantire l’attuazione dei valori (orientamenti generali e vincolanti). La politica non coincide con la morale, ma non può esserne separata. I cattolici affermano il primato della legge morale perché, per loro, al di sopra di ogni legge umana, giusta o ingiusta, c’è la legge di Dio, quel progetto, cioè, che il Creatore ha inscritto nel cuore di ogni uomo. Per questo la Chiesa vuol ritornare ad educare alla legge di Dio e ai comandamenti. Oggi, parlare di doveri è, impopolare, ma bisogna farlo. Si fa consistere la felicità col proprio comodo, per cui ogni desiderio coincide con un diritto. Le radici dell’illegalità risiedono soprattutto nella mancanza di una morale secondo verità. Senza morale non si costruirà mai futuro. È essa, infatti, che responsabilizza ed impegna a rispettare la legge, in quanto fa sorgere nella persona una forza interiore che lo spinge ad osservare le norme. Solo l’etica dei valori potrà contrastare la deriva individualistica. Il cristianesimo non è una morale ma una sconvolgente liberazione da ogni male schiavizzante. La competenza della Chiesa, maestra di fede e di morale, si estende secondo il mandato di Gesù, al campo della verità rivelata e a quello della legge naturale. Lo stato, pur distinto ed autonomo dalla Chiesa, non ha diritto di legiferare contro la fede. Non ha neppure il diritto di legiferare contro l’espressione pubblica della morale naturale, perché la legge morale viene prima dello stato e da esso non può essere contraddetta. Essa è oggettivamente ed universalmente valida. Nell’era della globalizzazione, una delle realtà da recuperare è il senso della vita che non può essere affidato alla decisione di pochi tecnici. Il diritto alla vita non è “concesso” dallo stato. Pertanto, non può rivendicare per sé la decisione di far vivere o morire. Nessuno è padrone della vita. Nemmeno chi detiene il potere politico può comandare in questo campo. I politici cattolici, continuatori del popolarismo di Sturzo, ispirati ai principi evangelici, danno il loro contributo per la costruzione della “città terrena” con la loro tipicità. Con i loro valori potranno costruire una società nuova, aperta alla partecipazione e alla fraternità universale. Con coerenza e credibilità danno attenzione al mondo, alla storia, alle esigenze sempre nuove dell’uomo contemporaneo, leggendo la realtà alla luce del Vangelo. La loro missione politica è espletata per la promozione di un progresso autenticamente umano. Leggono con sguardo sapienziale la realtà cercando risposte sempre nuove con la forza trasformante dell’amore e della verità di Cristo. I cattolici sono fermento e profezia dentro la storia se saranno costruttori di comunione, secondo gli insegnamenti dei Pastori. Possono dire e dare molto potendo contare sulla dottrina sociale della Chiesa. Saranno irremovibili sui valori non disponibili. Per questo, su argomenti quali eutanasia, aborto, procreazione assistita, sacralità della vita, saranno visti con insofferenza, in quanto portatori di verità non negoziabili. Dovranno essere capaci disupportare a sufficienza questi valori con argomentazioni razionali e laiche. Come ricorda il Concilio Vaticano II, l’incontro con l’esperienza di Gesù, il Crocifisso Risorto, svela pienamente l’identità dell’essere umano e rende evidenti i valori che costituiscono la base indispensabile per realizzare la propria vocazione nella comunione con gli altri. Continuano a lavorare sui grandi valori iscritti “nel cuore di ogni uomo”. Quei valori che la ragione sa riconoscere e che la fede in Gesù Cristo illumina con il comandamento dell’amore. Si torna a parlare più frequentemente del bene comune nonostante una politica fatta spesso di insulti e dall’affermazione d’interessi di parte. Il bene comune è tra i più centrali della dottrina sociale della Chiesa, ed il fine della politica, nella sua accezione più nobile. Con questo intervento anche noi parleremo diffusamente, riportando e commentando i pronunciamenti della Chiesa. È possibile la chiarezza terminologica? Certamente. Iniziamo allora a dire che alla luce della concezione personalizzata, la persona quale è essere sociale, non per scelta, ma per natura. Gli esseri umani hanno la vocazione a vivere in società, condividendo un insieme di beni da perseguire e di valori da difendere. È questo il bene comune che la Gaudium et Spes indica come “l’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani, nelle famiglie e nelle associazioni il conseguimento più pieno e più rapido della loro perfezione”. Il bene comune presuppone la salvaguardia dei diritti e doveri della persona (che sono universali ed inviolabili) e si esprime in tutte le realtà necessarie all’uomo per condurre una vita veramente umana. Per l’elenco di questi diritti ci rifacciamo all’insegnamento autorevole del successore di Pietro. Il Papa Giovanni Paolo II il 02-10-1979 alla XXIV Assemblea Generale dell’Onu ha elencato i diritti fondamentali che costituiscono la sostanza della dignità dell’essere umano. Per brevità li raggruppo in dieci passaggi. Secondo il Sommo Pontefice essi sono: 1. Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona; 2. Il diritto all’alimentazione, all’abbigliamento, all’alloggio, alla salute, al riposo, agli svaghi; 3. Diritto alla libertà di espressione, all’educazione e alla cultura; 4. Diritto alla libertà di pensiero, di coscienza religiosa; 5. Diritto di scegliere il proprio stato di vita, di fondare una famiglia; 6. Diritto alla proprietà, al lavoro e al giusto salario; 7. Diritto di riunione e di associazione; 8. Diritto alla libertà di movimento e alla migrazione interna ed esterna; 9. Diritto alla nazionalità e alla residenza; 10. Diritto alla partecipazione politica, alla libertà di scelta del sistema politico del popolo al quale si appartiene. È comune perché può essere costruito e accresciuto solo comunitariamente, cioè dallo sforzo comune di un’intera società e di ciascun suo membro. Ciò che lo caratterizza è quello di essere bene di tutti e di ciascuno indivisibilmente, perché se è davvero un bene di tutti non può non essere di ciascuno e il bene vero di ciascuno non può confliggere con il bene di tutti. Il perseguimento del bene comune, quale “bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo” (Giovanni Paolo II) ha il suo criterio basilare in una politica per la persona e per la società. La nobile azione politica sta nella capacità di discernere il bene comune e di superare la tentazione di particolarismi. È “l’arte nobile e difficile per costruire il bene comune”, ovvero del bene di quel “Noi tutti, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale”. (Caritas in Veritate, n°7). A questo punto è lecito porsi due domande: 1. Il ceto politico dei nostri giorni è costituito da uomini che, con dirittura morale e competenza, sono in grado di garantire tutto questo? 2. Perché il dibattito politico è sempre più distante dai problemi reali quali disoccupazione, corruzione, salute, casa, giovani, energia, scuola, sanità, mafia, anziani, profughi, terremotati, alluvionati, territorio? Perché sono rimasti ai margini dell’agenda politica? Il governo non è da intendersi come capacità di comprendere e realizzare il bene comune, tradotto in leggi giuste e atti politici opportuni? Non ci si stanca mai di ricordare che il bene comune è molto più della somma del bene delle singole parti. “Non è il bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene”. (Caritas in Veritate, n° 7). C’è oggi più che mai la necessità di avere politici cattolici interessati al bene comune, testimoni di una buona amministrazione che privilegi anzitutto chi ne ha più bisogno. Purtroppo il termine “bene comune” si trova oggi usato e abusato, in maniera bipartisan, dalle forze politiche. Nel documento della Cei: “Per un Paese solidale, Chiesa italiana e Mezzogiorno”, si riportano le parole del Sommo Pontefice al IV convegno ecclesiastico nazionale di Verona, quando dice che ai fedeli laici, in particolare, è affidata una missione propria nei diversi settori dell’agire sociale e nella politica. Ecco le parole: «Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo». È questo il bene comune, è questo l’impegno dei cattolici. È questa la “missione” a cui si è chiamati, con lucida determinazione. Chiarisce ulteriormente l’altra definizione della Gaudium et Spes: “ Il bene comune è l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente. Esso investe diritti e doveri che riguardano l’intero genere umano. Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspirazioni degli altri gruppi, anzi del bene comune dell’intera famiglia umana”. (Gs, n°26). Esso, quindi, non è tanto una questione materiale orientata ad assicurare a tutti i beni necessari, ma è una questione essenzialmente etica, che coinvolge l’uomo, la sua coscienza e la sua moralità. Il bene comune è la difesa e la promozione dell’uomo e presuppone “sussidiarietà” nonché l’interdipendenza tra stato, società e mercato. Ecco alcune esigenze del bene comune secondo il Magistero: “essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro”(Gs, 164). “È il bene di tutti gli uomini e di tutto l’uomo” (Cristifideles Laici, n° 42). Esige “che siano resi accessibili all’uomo tutte quelle cose che sono necessarie a condurre una vita veramente umana” (Gs, 26). Ricerca “ il ben di tutti e di ciascuno, perché tutti siano veramente responsabili di tutti” (Sollecitudo rei socialis, 38). Comprende anche la dimensione economica pur non esaurendosi in essa. Il bene comune comporta l’intreccio ordinato dei tre profili irrinunciabili dello sviluppo: economico, sociale e umano. Il politico cattolico crede nell’efficacia della dottrina sociale nella società contemporanea. Anche se onestamente bisogna ammettere che la voce della Chiesa fatica a far sentire nel dibattito generale su tematiche come la questione etica nella politica e nella società, la morale sessuale e il corretto utilizzo delle ricchezze e delle risorse. Va constatato con amarezza che i principi cristiani di equità, uguaglianza e giustizia sono caduti nel dimenticatoio. Non c’è attenzione per le fasce più deboli, per le popolazioni che hanno maggiori necessità, mentre i ricchi scandalosamente ostentano la loro ricchezza. Ci sono tentativi da parte di alcuni a seminare dubbi e diffidenze sull’efficacia della dottrina sociale, perché considerata astrattamente statica e senza forza critica. Ci vuole, allora, una prassi che incarni i principi del ricco e complesso patrimonio denominato dottrina sociale o insegnamento sociale della Chiesa. Un appello forte e costante, questo, dell’attuale Pontefice Benedetto XVI, come lo stesso avevano fatti i suoi predecessori, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e i Padri del Concilio Vaticano II. Dal pensiero dei Pontefici e dal Concilio traspare l’intento di ottenere che, attraverso l’azione sociale cristiana, la presenza della Chiesa nella storia rispecchi la presenza di Cristo che trasforma i cuori e le strutture ingiuste create dagli uomini. L’impegno sociale del cattolico non è, quindi, un optional ma l’espressione di una “realtà matura” e di una educazione umano-cristiano compiuta. Il “fine proprio” dello stato è quello di “attuare il bene comune temporale” (Dh, n°3). Però va anche detto che il temporale e il trascendente non sono due sfere del tutto separate. (Concezione laicistica del bene comune). Oggi, ahimè, sta passando il concetto che il bene comune statale non includa affatto la promozione della religione, ma comporta la piena indifferenza nei suoi confronti. Aleggia, in Europa, il mito della “neutralità religiosa”. Lo stato non può servire al bene comune e allo sviluppo dei suoi cittadini quando è completamente indifferente nei confronti della religione. Infatti, “deve quindi la potestà civile assicurare a tutti i cittadini con le leggi giuste e con altri mezzi idonei, l’efficace tutela della libertà religiosa, e creare condizioni propizie per favorire la vita religiosa, cosicchè i cittadini sono realmente in grado di esercitare i diritti attinenti la religione e adempiere i rispettivi doveri, e la società goda dei beni di giustizia e di pace che provengono dalla fedeltà degli uomini verso Dio e la sua volontà” (Dh, 6). Libertà civili e religiose camminano di pari passo. La dimensione religiosa è un’istanza fondamentale dell’uomo. Nell’era digitale e della globalizzazione non esiste più un bene statale autonomo, pienamente autosufficiente e indipendente dei singoli stati. Essi sono dipendenti gli uni degli altri. Ognuno di essi può raggiungere il proprio bene comune solo se collabora con gli altri e persegue il bene comune di tutta la comunità dei popoli. Il Concilio Vaticano II dice a proposito di quest’evoluzione: “Dall’interdipendenza sempre più stretta e pian piano estesa al mondo intero, deriva che il bene comune … oggi vieppiù diventa universale, investendo diritti e doveri, che riguardano l’intero genere umano. Pertanto ogni gruppo deve tener conto dei bisogni e delle legittime aspettative degli altri gruppi. Anzi del bene comune dell’intera famiglia umana” (Gs, 26). Il singolo e il bene del singolo posseggono una certa preminenza sulla comunità e sul bene comune anche nel campo delle realtà terrene. La persona umana è “Principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali” (Gs, 25; cfr. Gs 63). L’uomo è “in terra la sola creatura che Dio abbia voluta per se stessa” (Gs 24). Invece la comunità non esiste per se stessa ma per l’uomo. “L’ordinazione sociale e il suo progresso debbono sempre lasciare prevalere il bene delle persone, giacchè nell’ordine le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non al contrario”(Gs 26) (cfr. Anselm Günthor, Chiamata e risposta, una nuova teologia morale. Edizioni paoline, vol. III, Alba, 1977,pp. 129-138.) A mio sommesso parere, manca ancora la percezione matura dello stato al servizio dei cittadini. La politica non si sottomette ai fini universali del bene comune. Persiste l’idea che tutto quello che è struttura pubblica non è al servizio della comunità, ma è la comunità al servizio di quella struttura. Per non restare nelle accuse colpevolmente, generi, proviamo a calarci nella nostra realtà per prendere consapevolezza di come stanno le cose. Oggi, si nota che, nel sistema politico italiano, tanti individui sono legati insieme da situazioni che esulano dal bene comune. I nuovi movimenti politici il più delle volte non amministrano la cosa pubblica per il raggiungimento del bene comune, ma per oscuri interessi di parte, incomprensibile alla maggioranza della popolazione. Si trovano amministrazioni opache, quando non palesemente corrotte, che hanno dissipato risorse per gestire clientele. Domandiamoci: perché l’alta velocità si ferma in Campania? Perché al Sud non ci sono autostrade degne di questo nome? Perché al Nord c’è un aeroporto ogni 50 chilometri e al Sud no? Perché esistono treni e ferrovie decenti solo al Centro Nord? Perché Matera, capoluogo di provincia, non è raggiungibile dalla ferrovia? Quando la politica viene intesa come voto di scambio e clientelismo, lavora per il bene comune? Questo fenomeno esiste ovunque, però, nel mezzogiorno ha eccessi patologici. Ancora, perché le scuole non si fanno per gli alunni ma per i docenti in sovrannumero che devono insegnare? E perché gli ospedali non servono per gli ammalati ma per i medici e i portantini? Perché l’alta percentuale di malasanità? Perché il diritto alla salute è messo costantemente in discussione? Non erogando una qualificata ed efficiente assistenza sanitaria ai cittadini? Perché non si scalfisce la criminalità con il suo consolidato sistema di malaffare? Perché esiste ancora un alto tasso di disoccupazione e un’immigrazione di non ritorno? Si realizza il bene comune quando la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici accumulano ordinariamente notevoli ritardi? Perché il Meridione arranca? Dalla scuola alla sanità, dalla giustizia ai servizi pubblici locali. I divari, riconducibili ai modelli organizzativi e alla regolamentazione, riguardano servizi offerti a livello centrale (istruzione e giustizia), regionale (sanità) e locale (trasporti locali, rifiuti, acqua, asilo nido, distribuzione del gas). Questi esempi sono sufficienti per dimostrare che la strada per la realizzazione della giustizia e del bene comune è ancora lunga. I diritti sono sempre diritti e non devono dipendere dall’area geografica in cui si è nati. La dottrina sociale della Chiesa con il Concilio e col Magistero sociale di tutti i successivi Papi (da Giovanni XXIII all’attuale), per fortuna, si è rafforzata e chiarita. Fa bene la Chiesa a riproporla. Ce n’è bisogno. Il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace nel 2004 dalla Libreria Editrice Vaticana, afferma: “Il principio della destinazione universale dei beni della terra, è alla base del diritto universale all’uso dei beni. Ogni uomo deve avere la possibilità di usufruire del benessere necessario al suo pieno sviluppo: il principio dell’uso comune dei beni è il “primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale” e “ principio tipico della dottrina sociale cristiana”…Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono subordinati ad essa (destinazione universale dei beni): non devono quindi intralciarne, ed è un dovere sociale, grave e urgente restituirli alla loro finalità originaria” (n° 172). “L’insegnamento sociale della Chiesa esorta a riconoscere la funzione sociale di qualsiasi forma di possesso privato, con il chiaro riferimento alle esigenze imprescindibili del bene comune. L’uomo “deve considerare le cose esteriori che legittimamente possiede non unicamente come sue proprie, ma anche come comuni, nel senso che possono essere utili non solo a lui ma anche agli altri”. La destinazione universale dei beni comporta dei vincoli sul loro uso da parte dei legittimi proprietari. La singola persona non può operare a prescindere dagli effetti dell’uso delle proprie risorse, ma deve agire in modo da perseguire, oltre che il vantaggio personale e familiare, anche il bene comune” (n° 178). “Di fronte al concreto rischio di una “idolatria” del mercato, la dottrina sociale della Chiesa ne sottolinea il limite, facilmente rilevabile nella sua constatata incapacità di soddisfare esigenze umane importanti” (n°349). Tale visione afferma lo spiritualismo di un umanesimo planetario e il solidarismo della fraternità universale. E tutto l’ampio orizzonte della Chiesa sta appunto a dimostrare che non può esistere una fede viva e matura che non senta il richiamo e la responsabilità nei confronti della società tutta e del mondo intero. È obbligatorio tornare alla categoria del bene comune. È altamente meritorio tornare ad educare, con la parola e con l’esempio, al senso del bene comune, alla responsabilità di tutti, alle regole della convivenza. Il primo grado di impegno sociale è la ricostituzione del senso civico che è il senso dei doveri e non solo dei diritti. Si chiama così il principio di sussidiarietà, inseparabile da quello di solidarietà (se ne tratterà prossimamente dalle colonne del nostro giornale). Il cattolico non solo spende ma si spende per i suoi ideali. Si impegna nella società per la giustizia e la trasformazione del mondo. Questo è costitutivo dell’evangelizzazione. Già lo diceva nel 1975 Paolo VI : si tratta di “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza” (Evangeli Nuntiandi). A quanti sono impegnati nella vita politica e sociale , Benedetto XVI ribadisce: «L’evangelizzazione e la diffusione della Parola di Dio devono ispirare la loro azione nel mondo della ricerca del vero bene di tutti, nel rispetto e nella promozione della dignità di ogni persona. Certo, non è compito diretto della Chiesa creare una società più giusta,anche se a lei spetta il diritto e dovere di intervenire sulle questioni etiche e morali che riguardano il bene delle persone e dei popoli. È soprattutto compito dei fedeli laici, educati alla scuola del Vangelo, intervenire direttamente nell’azione sociale e politica” (Esortazione apostolica post sinodale, Verbum Domini, 30.09.2010, n° 100). Concludendo, diciamo che il problema, allora, è di promuovere un’adeguata formazione secondo i principi della dottrina sociale della Chiesa. Non diamoli per scontati. Se la giustizia sociale, da tutti sbandierata, non produce fatti conseguenti, non solo diventa parola vuota ma fa anche crescere l’indignazione e la rabbiosa protesta. Le ingiustizie alimentano, a volte, anche la spirale della violenza. La gente ha nausea della demagogia. Vuole fatti e non proclami. Non crede più alle promesse. Occorre cambiare registro, voltare pagina se si vuole recuperare tutti all’interesse della “cosa pubblica”. Questi sono i tempi della responsabilità e non della retorica, della ripresa e non dell’attesa per imprimere un nuovo dinamismo alla dottrina sociale. Infatti, l’inarrestabile vento del cambiamento passa attraverso il cattolicesimo politico.

La lotta al crocefisso: un "Alzheimer storico".


Riportiamo l'articolo di Massimo Introvigne.


La notizia che arriva da Strasburgo, dove la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha deciso in sede di ricorso e con sentenza definitiva che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane non viola la libertà religiosa dei non cristiani e degli atei, fa del 18 marzo 2011 una bella giornata per la libertà religiosa.


È la prima volta che una sentenza di primo grado resa all’unanimità (sette giudici a zero) è rovesciata dalla Grande Camera della Corte Europea in sede di ricorso, il che mostra come la Corte abbia compreso il rischio insito nella precedente decisione del 3 novembre 2009, che rovesciava la precedente giurisprudenza dello stesso tribunale europeo con argomenti ideologici e fumosi. Si deve essere grati all’attuale governo italiano – pubblicamente ringraziato dal Papa in diverse occasioni, tra cui quella dell’importante discorso del 10 gennaio 2011 al Corpo diplomatico – per avere perseguito con ostinazione il ricorso, e ai governi di Armenia, Bulgaria, Cipro, Russia, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, Romania e Repubblica di San Marino per avere voluto aggiungere i loro nomi a quello dell’Italia nella procedura di ricorso. Per converso, brillano naturalmente per la loro assenza tutti gli altri Stati europei: non stupisce la Spagna di Zapatero, un po’ di più la Germania e la Francia, pure su altre questioni più sensibili ai diritti dei cristiani. La storia giudiziaria della causa include anche il fatto che alla decisione di primo grado abbia partecipato il giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky – noto campione del laicismo più ideologico – il cui mandato alla Corte Europea è terminato, felicemente per i sostenitori del crocefisso, nel gennaio 2010.

Lo studio delle motivazioni della sentenza, già disponibili in lingua inglese ovvero in lingua francese, è molto istruttivo. È vero che la sentenza della Grande Camera è stata raggiunta ad ampia maggioranza – quindici giudici contro due – ma all’interno della maggioranza si sono manifestate opinioni diverse. Vale la pena di leggere anche le motivazioni di chi ha votato contro: il giudice svizzero Giorgio Malinverni e quella bulgara Zdravka Kalaydjieva. Il loro testo, redatto da Malinverni, ribadisce l’argomento laicista secondo cui il crocefisso nelle scuole ha un effetto «incomparabile» sugli studenti e impone con una sorta di violenza la religione a giovani «spiriti che mancano ancora di capacità critica» grazie alla «forza coercitiva dello Stato». Questo laicismo estremo, per fortuna, è rimasto del tutto minoritario nella Grande Camera.

La maggioranza dei giudici ha assunto un atteggiamento di buon senso, ma che per altri versi si potrebbe definire minimalista. Dopo avere ricordato che nell’Europa allargata della Corte di Giustizia – che, va ricordato, non è collegata all’Unione Europea ed è emanazione di tutti i Paesi situati geograficamente in Europa e non solo di quelli UE – solo tre Stati vietano la presenza del crocefisso nelle scuole pubbliche – la Macedonia, la Georgia e la Francia (con l’eccezione dell’Alsazia e della Mosella, cui dopo la Prima guerra mondiale è rimasto uno statuto speciale) –, la Grande Camera non ha coltivato l’argomento «culturale» né, forse giustamente, ha seguito chi affermava che il crocefisso andava mantenuto nelle scuole perché è un simbolo culturale e nazionale piuttosto che religioso. La Grande Camera ha ritenuto il crocefisso un simbolo anzitutto religioso – pure ammettendo che in Italia possa avere assunto anche significati secondari di carattere culturale – ma lo ha definito un «simbolo passivo». Non essendo accompagnato nelle aule scolastiche italiane da un indottrinamento religioso obbligatorio – la Corte ha più volte ritenuto in passato che un insegnamento della religione non obbligatorio non viola la libertà delle minoranze – né da preghiere ugualmente obbligatorie in classe, il crocefisso non ha quegli effetti proselitistici rispetto ai non cattolici denunciati dalla ricorrente nella causa originaria, la signora Soile Lautsi, e dai due giudici della Grande Camera dissenzienti. La sentenza nota anche che il crocefisso è esposto in un contesto come quello italiano dove la libertà religiosa delle minoranze è garantita, e dove – l’esempio è esplicitamente sottolineato – nessuno vieta alle alunne musulmane di presentarsi a scuola con il velo (che copre solo il capo ed è, naturalmente, cosa diversa dal burqa). Nella sostanza si tratta secondo la Grande Camera di materia su cui spetta ai singoli Stati regolarsi come credono.

Probabilmente solo su un’argomentazione come questa – giuridicamente ineccepibile, ma culturalmente debole – si poteva ottenere l’ampia maggioranza che ha portato alla storica vittoria. Tre giudici hanno però voluto aggiungere alla sentenza le loro opinioni personali, favorevoli al dispositivo ma integrative nelle motivazioni. La giudice irlandese Ann Power e quello greco Christos Rozakis hanno introdotto l’elemento culturale del significato identitario del crocefisso nella storia dell’Italia e dell’Europa, sia pure con molta cautela. Esemplare è la motivazione del giudice maltese Giovanni Bonello, il quale definisce l’avversione al crocefisso “una forma di Alzheimer storico”, attacca l’“intolleranza degli agnostici e dei laicisti” e scrive senza infingimenti che “una Corte europea non può mandare alla rovina secoli di tradizione europea”. Bonello ha anche sottolineato come la stessa Corte che aveva vietato il crocefisso aveva non solo consentita, ma dichiarata obbligatoria contro un divieto che il governo turco aveva cercato d’imporre, la diffusione presso i giovani e nelle scuole del romanzo Le undicimila vergini di Guillaume Apollinaire (1880-1918), opera certo di un letterato noto ma che inneggia «al sadismo e alla pedofilia». «Sarebbe stato molto strano, secondo me – conclude Bonello – che la Corte avesse difeso e protetto questo ammasso abbastanza mediocre di oscenità nauseanti, che a lungo ha circolato clandestinamente, fondandosi su una sua vaga appartenenza al ‘patrimonio europeo’ e nello stesso tempo avesse negato il valore di patrimonio europeo a un emblema che milioni di Europei hanno riconosciuto lungo tanti secoli come un simbolo senza tempo di redenzione attraverso l’amore universale».

Nuovi incentivi per il fotovoltaico a giorni....

da PMI.it

Rinnovabili e incentivi (Fotovoltaico ecc.): entro circa dieci giorni le imprese dell'Energia Solare dovrebbero conoscere il nuovo meccanismo di incentivazione alla produzione energetica da fonti alternative, trovando - si spera - certezze sugli investimenti già avviati. È quanto emerso dall'incontro tra Paolo Romani e gli operatori sul Decreto Rinnovabili e Quarto Conto Energia.

Presenti all'incontro con il Ministro delle Sviluppo Economico anche quello per l'Ambiente, Stefania Prestigiacomo e delle Politiche Agricole Giancarlo Galan, che ha dichiarato: «entro 10 giorni arriveremo a una conclusione per dare un quadro di certezze al settore». Galan ha rassicurato gli operatori: almeno per il 2011 gli incentivi saranno simili a quelli 2010.

Le proposte di Confindustria: non toccare i progetti già avviati per tutto il 2011, ridurre gli incentivi a partire dal 2012 ma con gradualità, per arrivare a definire un tetto al valore degli incentivi al 2016.

«L'idea è che ci sia un calo graduale dal 2012 in linea con le migliori pratiche europee e che favorisca la nascita dell'industria italiana del Fotovoltaico, premi l'innovazione e disincentivi il commercio delle autorizzazioni», ha dichiarato la leader degli industriali Emma Marcegaglia.

Quella di venerdì è una stata solo la prima di una serie di riunioni. Romani ha infatti annunciando che già a partire da questa settimana seguiranno tavoli tecnici e altri incontri con aziende ed associazioni del comparto delle energie rinnovabili.

Sotto la lente d'ingrandimento la situazione del Fotovoltaico. Sul tema Romani dichiara: «bisogna fare un confronto con gli incentivi degli altri Paesi europei e arrivare a una riduzione dei costi che renda gli incentivi compatibili con le esigenze di costo di cittadini e imprese. Il Paese è nelle condizioni per trovare la soluzione migliore».

Per Marcegaglia «il supporto va fatto tenendo conto dello sviluppo anche di altre fonti rinnovabili e del fatto che gli incentivi impattano sul costo dell'energia per famiglie e imprese».

lunedì 21 marzo 2011

Fotovoltaico: approvata mozione per incentivi.

Di seguito pubblichiamo la nota di PMI.it, sugli incentivi per gli impianti fotovoltaici. In Confartigianato Latina possiamo supportare le imprese interessate, tramite i nostri consulenti e il nostro "ufficio finanziamenti".

Per appuntamenti e informazioni potete contattare il numero di Latina 0773.666593 o inviare una e mail a: latina@mail.confartigianato.it

Ivan Simeone (Direttore Confartigianato Imprese Latina)


Quarto Conto Energia (incentivi Fotovoltaico) più vicino: è stata approvata mercoledì alla Camera la mozione bipartisan sul Decreto Rinnovabili, volta alla salvaguardia degli investimenti nelle energie verdi: il Governo si dovrà impegnare a tutelare le Pmi del Solare, penalizzate dal decreto Rinnovabili e che chiedono più attenzione da Romani convocando un nuovo tavolo di confronto ma stavolta con tutti gli operatori.

Cosa si chiede? Nessun taglio per gli investimenti avviati con il quadro normativo in corso e riduzione degli incentivi futuri solo con i necessari tempi di transizione.

Obiettivo, definire al più presto il nuovo sistema di incentivi e chiudere questo drammatico stallo, anticipando l'emanazione del decreto ministeriale per il Quarto Conto Energia entro i primi di aprile.

Il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha assicurato, a margine dell'approvazione della mozione sulle Rinnovabili, che l'esecutivo definirà «entro breve tempo un sistema di promozione delle energie rinnovabili che sia equo, in linea con gli standard europei e capace di sostenere adeguatamente un settore in grande espansione, capace di dare risposte importanti al Paese sia sotto il profilo energetico che sotto il profilo occupazionale».

Intanto però Asso Energie Future diffonde una nota in cui sottolinea il diverso comportamento dell'Italia rispetto ad altri Paesi nel mondo che, riflettendo sulla tragedia giapponese, stanno accelerando il passo sulle Rinnovabili quando in Italia la tendenza è a chiudere i rubinetti. «La volontà del governo è quella di chiudere il fotovoltaico» - denuncia Asso Energie Future - «da ieri sera questa scelta è stata anche dichiarata a chiare lettere nell'incontro delle associazioni dei produttori con il ministero dell'Ambiente».

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sabato 19 marzo 2011

Sentenza dell' Europa. Si al crocefisso a scuola. Un segno di civiltà.

da "La Discussione"

L’Europa, che, almeno finora, si è guardata bene dal riconoscere le proprie radici cristiane, ha fatto marcia indietro e, sul crocifisso esposto nelle aule delle scuole pubbliche, ha dato ragione all’Italia, cancellando la condanna precedentemente comminata. Questo, in sintesi, il verdetto della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo chiamata ad esprimersi come giudice d’appello sul caso “Lautsi e altri contro Italia”. Per i giudici, dunque, non c’è stata alcuna violazione delle norme a tutela dei diritti umani. La decisione è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. Si chiude così il procedimento aperto il 27 luglio 2006 dal ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi, che riteneva la presenza del crocifisso nella scuola pubblica di Abano Terme ( in provincia di Padova) all’epoca frequentata dai figli una ingerenza incompatibile con libertà di pensiero, convinzione e di religione (di cui all’articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) oltre che del diritto all’istruzione, in particolare, del diritto ad un’educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (formalmente riconosciuto dall’articolo 2 del Protocollo n.1).
Il verdetto, che è inappellabile, è stato adottato dal collegio composto da Jean-Paul Costa (France), in qualità di presidente, e dai giudici Christos Rozakis (Grecia), Nicolas Bratza (Regno Unito), Peer Lorenzen (Danimarca), Josep Casadevall (Andorra), Giovanni Bonello (Malta), Nina Vajiæ (Croazia), Rait Maruste (Estonia), Anatoly Kovler (Russia), Sverre Erik Jebens (Norvegia), Päivi Hirvelä (Finlandia), Giorgio Malinverni (Svizzera), George Nicolaou (Cipro), Ann Power (Irlanda), Zdravka Kalaydjieva (Bulgaria), Mihai Poalelungi (Moldavia), Guido Raimondi (Italia) con l’assistenza del cancelliere Erik Fribergh. I membri dell’organismo sovranazionale hanno rilevato che «se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia, nella fattispecie, elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni».
Nella motivazione del provvedimento, proprio in merito all’articolo 2 del protocollo 1 sul diritto all’istruzione (alla base della condanna di primo grado, impugnata dal governo italiano, artefice di una vera e propria mobilitazione, sia giudiziaria che diplomatica) si legge che «l’obbligo degli Stati membri del Consiglio d’Europa di rispettare le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori non riguarda solo il contenuto dell’istruzione e le modalità in cui viene essa dispensata: tale obbligo compete loro nell’esercizio dell’insieme delle “funzioni” che gli Stati si assumono in materia di educazione e di insegnamento». Il che «comprende l’allestimento degli ambienti scolastici qualora il diritto interno preveda che questa funzione incomba alle autorità pubbliche». Poiché la decisione riguardante la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche «attiene alle funzioni assunte dallo Stato italiano, essa rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del protocollo 1». Questa disposizione, prosegue il provvedimento, «attribuisce allo Stato l’obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire ai propri figli una educazione e un insegnamento conformi alle loro convinzioni religiose e filosofiche».
La Corte «constata che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del paese una visibilità preponderante nell’ ambiente scolastico» e sottolinea, altresì, che «un crocifisso apposto su un muro è un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non può essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attività religiose». Sulla scorta di queste considerazioni la Corte rileva che «il diritto della ricorrente, in quanto genitrice, di spiegare e consigliare i suoi figli e orientarli verso una direzione conforme alle proprie convinzioni filosofiche è rimasto intatto». Di qui l’ulteriore corollario che «decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai bambini della ricorrente, le autorità hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l’Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche».
La sentenza è stata accolta con comprensibile soddisfazione dalla Santa Sede. Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha sottolineato come si tratta di «una sentenza assai impegnativa e che fa storia, come dimostra il risultato a cui è pervenuta la Grande Chambre al termine di un esame approfondito della questione». Il ministro della Pubblica istruzione, Mariastella Gelimi ha espresso «profonda soddisfazione per la sentenza della Corte di Strasburgo»; «un pronunciamento - si legge in una nota - nel quale si riconosce la gran parte del popolo italiano». «Si tratta - ha proseguito - di una grande vittoria per la difesa di un simbolo irrinunciabile della storia e dell’identità culturale del nostro Paese. Il Crocifisso sintetizza i valori del Cristianesimo, i principi sui cui poggia la cultura europea e la stessa civiltà occidentale: il rispetto della dignità della persona umana e della sua libertà. È un simbolo dunque che non divide ma unisce e la sua presenza, anche nelle aule scolastiche, non rappresenta una minaccia né alla laicità dello Stato, né alla libertà religiosa». Per il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione «con questa sentenza viene chiaramente battuta una posizione culturale di laicità negativa che considera opportuno dare un privilegio a chi è ateo mettendo a sua esclusiva disposizione lo spazio pubblico. Si afferma invece che il religioso fa parte inestricabilmente della vita e della cultura, e che in Europa in particolare i simboli cristiani sono diventati elementi costitutivi della cultura europea. Un valore che non è confessionale ed impositivo, ma è un valore anche per chi non si considera religioso. In Gran Bretagna come in molti altri Paesi tutti i cittadini - credenti e non - amano la bandiera, e sulla bandiera c’è la croce». Per padre Gonzalo Miranda, teologo moralista dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, «anche a partire da una visione laica della vita, non necessariamente religiosa, si può difendere il crocifisso perché, in realtà, è in atto un tentativo di aggressione ad un simbolo che ha una valenza identitaria anche dal punto di vista culturale e sociale. A tale proposito Miguel de Unamuno y Jugo, scrittore e filosofo agnostico spagnolo degli anni Trenta, riteneva che la difesa del crocifisso fosse «una difesa di libertà».
A stretto giro dal provvedimento della Corte di Cassazione con cui è stata confermata la rimozione dall’ordinamento giudiziario dell’ex giudici Tosti, in forza al tribunale di Camerino, che si era rifiutato di tenere udienza in aule con il crocifisso, ecco l’ennesima vittoria per chi, in quel simbolo religioso, riconosce il senso più vero della nostra millenaria storia.

mercoledì 16 marzo 2011

....Abbiate il coraggio di cambiare la politica....


Dobbiamo far comprendere, anche a Latina, che una cosa è la Politica ed altra cosa è la lotta per la sedia!!!! Stiamo assistendo a scene veramente indecifrabili. Dove sono i politici di una volta ? Dove i valori ? ..... e poi parlano di Bene Comune......
Ivan Simeone

da "La Discussione"
Nel messaggio inviato agli organizzatori ed ai partecipanti alla Settimana sociale dei cattolici di Reggio Calabria, di cui, appena venerdì scorso, sono stati illustrati in Vaticano i contenuti del documento finale, il Santo Padre aveva rimarcato la necessità di un rinnovato impegno dei cattolici in politica: «Serve - aveva sostenuto Benedetto XVI nella sua nota - una nuova generazione di cattolici, persone interiormente rinnovate che si impegnino nell’attività politica senza complessi d’inferiorità». Un appello, quello del pontefice, da cui ha preso le mosse un interessante dibattito sul ruolo che i credenti devono svolgere nella realtà politica italiana. In questa direzione si colloca l’intervento di monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, tra i relatori del seminario “Non moralisti ma morali” organizzato, a Sacrofano, dall’Udc. «Non basta - ha affermato il presule - che i cattolici e i politici cattolici convergano sui principi non negoziabili. Quelli sono obiettivi minimi. Non basta considerarli l’ultima insuperabile soglia di intollerabilità assoluta. Occorre considerarli il nucleo pulsante di un’azione politica, sociale e culturale a tutto campo». L’ex segretario del Pontificio consiglio Giustizia e Pace ha evidenziato che «nel sistema Italia la presenza politica cattolica deve avere il coraggio di schierarsi per il cambiamento netto». Le parole di Crepaldi, che è uno delle massime autorità ecclesiastiche in tema di dottrina sociale della Chiesa, costituiscono un vero e proprio monito. Il prelato, peraltro, è autore di un volume dal titolo “Il Cattolico in politica. Manuale per la ripresa” in cui elabora un decalogo dell’impegno dei cattolici in politica.

Fisco.....al via i controlli su Facebook......

Succede anche questo !!!!

I. Simeone

da PMI.it

Si concretizza la proposta dell'Agenzia delle Entrate di monitorare i movimenti di spesa e di lavoro dei contribuenti utilizzando Facebook per stanare evasori fiscali. I controlli incrociati tra stili di vita che emergono dalle pagine dei social nwtwork e redditi dichiarati al Fisco potrebbero partire già questa settimana, effettuati a livello centrale. La novità, prannunciata dal direttore Attilio Befera, è stata annunciata in occasione dell'inaugurazione della nuova sede regionale dell'Agenzia delle Entrate a Trieste, in Friuli Venezia Giulia. E ora è allarme privacy tra i contribuenti: fare ricorso alle nuove tecnologie per rendere più efficace il controllo sui contribuenti - e quindi la lotta all'evasione fiscale - non ha dei limiti? Marco Di Capua, direttore centrale Amministrazione e vicario del direttore dell'Agenzia delle Entrate ha dichiarato che non ci sarà nessun controllo in stile Grande Fratello sui social network ma solo una maggiore "attenzione"...: «C'è attenzione al reddito consumato e ogni strumento che possa condurre ad avere informazioni viene usato, si chiami Facebook o sia un registro o l ' iscrizione a un circolo esclusivo».

Già nel 2010 la stretta sugli evasori operata in sinergia con la Guardia di Finanza ha dato i suoi frutti (230 milioni di euro, contro i 173 milioni di euro del 2009 (+33%). Il numero di controlli esterni è passato in un anno da 218 a 229, pari quasi a 13mila controlli sostanziali (1.112 con determinazione e 288 supportati da indagini finanziarie), contro i 12.511 del 2009.

Del capitale totale recuperato, circa 156 milioni arrivano dai versamenti diretti, liquidazione e controllo formale dichiarazioni, adesione all'accertamento, agli inviti e ai verbali, acquiescenza, definizione sanzioni, conciliazione giudiziale. Mentre gli altri 74 milioni arrivano dai controlli sostanziali di IIDD, IVA e IRAP; e da quelli formali.

domenica 13 marzo 2011

Monito dei cattolici...il futuro dell'Italia è nella sua stabilità.


Presentato alla stampa il contenuto del documento finale della settimana sociale di reggio Calabria.
da "La Discussione"

Unità, speranza e responsabilità. Il documento conclusivo diffuso dal Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici italiani offre un quadro preciso di come i cattolici intendono muoversi per avviare la ripresa del Paese nell’anno in cui ricorre il 150 anniversario dell’unificazione nazionale. «L’impegno per il bene comune, fatto proprio dai credenti con rinnovata coscienza - si legge nel testo - è il modo migliore per prendere parte al presente della civitas italiana: sia facendo memoria del cammino percorso nei centocinquant’anni della vicenda unitaria, sia affrontando le difficoltà e le opportunità del tempo presente».
C’è la volontà non solo di affrontare, in maniera costruttiva, le diverse questioni che riguardano il nostro Paese, ma anche di riconoscere il valore delle istituzioni repubblicane, indicando i possibili processi riformatori.
In questo momento «particolarmente in Europa continentale, e dunque anche in Italia, la visione prevalente della laicità non di rado afferma e pratica l’esclusione della Chiesa e delle religioni dallo spazio pubblico, discrimina sull’apertura alla vita, misconosce la specificità dell’istituto familiare e a volte giunge a negare o ostacolare la libertà educativa. Nella battaglia tra libertà religiosa e laicismo, dunque, non è in gioco solo la risposta alla domanda sull’uomo, ma la possibilità stessa di porre pubblicamente tale domanda».
Al contrario, sostengono i partecipanti all’appuntamento di Reggio Calabria, «la responsabilità per il bene comune, a partire dalla ricerca di forme che siano caso per caso il più possibile adeguate alla libertà religiosa, all’apertura alla vita, al riconoscimento dell’istituto familiare e alla libertà educativa, è qualcosa che da sempre la Chiesa e i cristiani hanno assunto in molti modi e che hanno condiviso con gli uomini e le donne di buona volontà».
Tra le grandi linee emerse dal confronto, sottolinea il documento, la necessità di «riconoscere come cruciale il ruolo di adulti capaci di essere maestri e testimoni» nonché l’esigenza di «pensare e lavorare a quelle riforme che possono concludere in modo positivo una fin troppo lunga transizione delle istituzioni politiche». In tal senso, “le questioni cruciali riguardano le forme da dare al processo di rafforzamento dell’esecutivo – anche come condizione di più efficaci politiche di solidarietà – e, allo stesso tempo, dell’equilibrio tra i poteri; allo sviluppo di un autentico federalismo unitario, responsabile e solidale; al perfezionamento di un sistema elettorale di tipo maggioritario; alla stabilizzazione dell’assetto bipolare del sistema politico”.
«L’orizzonte e l’orientamento del nostro cammino – conclude il documento - resta quello della responsabilità per il bene comune come quotidiano e costante impegno a trasformare il vivere sociale in città».
Rispondendo alle domande dei giornalisti, il segretario delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, Edoardo Patriarca, durante la conferenza stampa di presentazione, ha sostenuto che «sarebbe sbagliato descrivere la situazione odierna del nostro Paese come una emergenza democratica ma sicuramente la nostra democrazia ha bisogno di essere rigenerata e rinsaldata».
Patriarca, insieme al presidente delle Settimane Sociali, nonché vescovo di Ivrea monsignor Arrigo Miglio, hanno ripetutamente sottolineato che nel documento finale non bisogna leggere commenti o proposte concrete da collegare al dibattito politico attuale.
Rispondendo ad un’altra domanda, Patriarca ha anche ribadito che lo sguardo sul Paese offerto dalle Settimane Sociali, sin dalle sue fasi preparatorie, è «molto, molto preoccupato».

mercoledì 9 marzo 2011

Il sistema pensionistico a sostegno dell'anziano ? Incontro in Confartigianato Latina.


Nuova iniziativa in Confartigianato a sostegno della terza età.
ANAP Confartigianato......


Continua con successo l’attività dell’ANAP Provinciale di Latina, l’Associazione della terza età della Confartigianato. Dopo la presentazione del programma delle attività del primo semestre 2011, tenutasi nella sede Provinciale di Latina lo scorso 31 gennaio, l’ANAP di Latina comincia a raccogliere i primi risultati della nuova organizzazione. Ha preso il via lo Sportello provinciale per la terza età, presso la sede Confartigianato di Latina, ogni mercoledì pomeriggio, in Via Sante Palumbo 38 e il Presidente Lodovico Bersani, con la nuova dirigenza, ha organizzato un importante seminario informativo sulla prevenzione sanitaria, con il dott. Eligio Tombolillo, medico e Sindaco di Pontinia, che ha svolto un’ampia e dettagliata relazione, interagendo con il folto pubblico intervenuto, ricevendo un ampio successo e interesse. Le attività dell’ ANAP seguiranno un calendario articolato e preciso. Prossimo appuntamento l’incontro previsto per mercoledì 9 marzo, alle ore 16.00, sempre presso la Confartigianato di Latina, dove si discuterà sul sistema pensionistico e sulle nuove normative per i nostri anziani. L’ incontro è aperto al pubblico e interverranno esperti del settore e del Patronato INAPA di Latina. Il ruolo dell’anziano nella nostra comunità locale, ha sottolineato il Presidente ANAP Confartigianato Lodovico Bersani, deve essere rivalutato e le Istituzioni locali devono prendere concretamente atto della grande potenzialità che oggi ha la figura dell’anziano. Oggi abbiamo ormai necessità di risposte concrete! L’ ANAP Confartigianato provinciale interverrà a sostegno della terza età con iniziative di supporto e sostegno.

giovedì 3 marzo 2011

"Denaro e Paradiso" Presentazione del saggio al Centro Internazionale di Comunione e Liberazione di Roma.


LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ETTORE GOTTI TEDESCHI E CAMILLERI - Il volume Denaro e paradiso. I cattolici e l’economia globale presentato il 1 marzo 2011, presso il centro Internazionale di Comunione e Liberazione, a Roma.

da Il Sussidiario.net

«Le origini e i principi essenziali del capitalismo sono cattolici, centrati sull’esaltazione della dignità dell’uomo. La tecnica deve poter progredire per liberare l’uomo dalla fatica. Il frutto del lavoro deve potersi tradurre in proprietà privata per assicurare all’uomo la libertà personale», sostiene Gotti Tedeschi, che ha scritto questo libro a quattro mani con lo scrittore cattolico Rino Camilleri. Un dialogo finalizzato a comprendere come la morale cattolica non sia in antitesi con l’economia di mercato. Anzi, se a essa applicata è in grado di valorizzarla ed esprimerne le potenzialità secondo l’obiettivo del bene integrale della persona.

I due autori, passando in rassegna i grandi principi e le forme storiche che hanno assunto i rapporti economici, tentano una riconciliazione tra etica cristiana e mercato, specialmente alla luce della recente crisi e della globalizzazione. Il libro sarà presentato oggi, martedì 1 marzo 2011, presso il centro Internazionale di Comunione e Liberazione, a Roma, in via Malpighi 2 alle 18.30. Oltre l’autore Ettore Gotti Tedeschi, interverranno Giovanni Maria Vian, direttore de L’Osservatore Romano, Giuseppe Mussari, Presidente dell’Abi e Roberto Fontolan, direttore del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, nelle vesti di moderatore.