sabato 30 marzo 2013

“L’azienda: luogo e realizzazione dell’umano!”



 “L’azienda: luogo
e realizzazione dell’umano!”
Introduzione da «L’Artigianato in terra pontina.
Quale opportunità d’impresa? Confartigianato – Centro Studi Toniolo.



Sappiamo quanto oggi è difficile inserirsi nel mondo produttivo e sappiamo quanta confusione regni intorno al mondo del lavoro e dell’economia. Il momento non è certamente dei migliori, ma dobbiamo avere la forza di cercare e trovare le positività anche nei momenti di difficoltà e di crisi.

«Paradossalmente, la crisi può diventare un’occasione per mettere delle fondamenta più salde all’opera che si sta costruendo, guadagnando più consapevolezza delle ragioni sottese…» sono queste le parole di Juliàn Carròn, teologo e presidente di Comunione e Liberazione, che ci invitano – al di là delle personali convinzioni - ad affrontare l’attuale momento con un atteggiamento costruttivo e propositivo.

Non dimentichiamoci che la parola “crisi”, che deriva dal greco, ha un significato di “cambiamento”, quello che oggi tutti noi stiamo vivendo in ambito economico e lavorativo; è un momento di “cambiamento” anche se spinto da fenomeni non positivi. Per questo dobbiamo attrezzarci sotto tutti i punti di vista, anche intellettuali.

È nostra intenzione, quindi, cercare di mettere alcuni punti fermi affinché il giovane possa scegliere la propria strada o, quanto meno, avere alcuni dati ed elementi su cui riflettere.

Quando parliamo di lavoro, qualunque esso sia, parliamo del nostro futuro e di quello del nostro ragazzo e, di riflesso, delle loro famiglie e dell’intero Paese.

Ma quali sono i primi passi e le prime riflessioni da fare?

Oggi per affacciarsi al mondo della produzione e del lavoro, in generale, dobbiamo tenere presenti alcuni punti forza.
Parafrasando il mondo assicurativo, o prendendo spunto dal saggio di Ken Follett «I pilastri della terra», possiamo parlare anche noi di alcuni precisi “pilastri” che sorreggono il proprio futuro professionale e lavorativo, cui i nostri ragazzi dovrebbero fare attenzione:

1) la professionalità
2) la “rete amicale” e relazionale
3) l’Etica professionale

Il tutto “condito” da un riferimento ideale e da un pizzico di fortuna che non guasta mai.
Ma andiamo per ordine, tralasciando la “fortuna” che certamente non dipende troppo da noi, anche se chi segue un ordine nella propria vita ha maggiori facilità di realizzazione e poi il resto è più facile che giunga innanzi.

La professionalità…..

Quando parliamo di professionalità, il concetto base è che il giovane deve “saper fare” qualche cosa, deve avere una passione in una determinata azione e sapere. Ormai i tuttologi hanno fatto il loro tempo; il che non significa che bisogna non essere flessibili (anzi!), ma avere in mano un sapere concreto.
Bisogna essere bravi in un qualche cosa.
La formazione, lo studio, l’aggiornamento professionale, come ci rammenta San Josemaria Escrivà in «Cammino», una raccolta di pensieri e insegnamenti che sono una sorta di manuale di sopravvivenza nella vita quotidiana, è un “obbligo grave”.
Bisogna studiare bene, approfondire, comprendendo che questo è un lavoro che poi si capitalizzerà nell’immediato futuro e servirà per orientare concretamente la propria vita quotidiana con tutto quello che ne deriva.

Studiare quello che si vuole, trovare la materia, il corso universitario o professionale che più piaccia o che si confà alla persona e farlo bene, senza perdere tempo. Ovviamente, prima di decidere una strada professionale o d’impresa che sia, bisogna valutare bene sia le proprie reali possibilità – sempre con un atteggiamento propositivo e costruttivo - e il mercato in cui si andrà ad operare.

È certamente difficile farlo comprendere ai ragazzi, ma si stanno giocando il loro futuro e devono fare uno sforzo; noi adulti, insegnanti, educatori, dobbiamo ”accompagnarli” in questo percorso. È nostra responsabilità morale.

Il secondo pilastro è la rete amicale e relazionale.

Un grande educatore e pedagogo, Luigi Giussani, in uno dei suoi numerosi scritti, ci ha sottolineato che «come non si può nascere da soli e come non si può vivere da soli, così non si può rispondere al proprio bisogno – qualunque esso sia, anche quello che sembra più singolare
possibile - se non in una compagnia, se non con l’aiuto di una compagnia. Da soli – continua Giussani - nessun bisogno può essere affrontato con quella sistematicità che l’organicità della nostra vita esige».

È un concetto importante per i ragazzi di oggi e non solo per loro. Bisogna fare “compagnia”, stare insieme, non isolarsi nel proprio castello mentale e fare sinergia con gli altri; collegarsi con chi vuole percorrere un tragitto insieme, essere presenti e attivi nei contesti in cui si vive
(un tempo si parlava di “partecipazione”), dall’università all’associazione professionale o imprenditoriale, dal Club di servizio a una propria comunità locale di riferimento. Non esiste solo il social network di turno, che è solo uno strumento da saper utilizzare e da non farci coinvolgere più di tanto.

Bisogna avere il coraggio di mettere in relazione il proprio “io” con un “noi” che ci darà sicuramente più stimoli e forza nell’agire.

Mai come in questo momento di difficoltà economica e lavorativa, bisogna stare insieme per aiutarsi, scambiarsi pareri e informazioni, dare vita a una interazione solidaristica.

Anche nella scelta della propria attività d’impresa, non bisogna sottovalutare di prendere il largo con forme di imprese cooperativistiche o no profit.

Terzo pilastro è quello dell’etica professionale.

Non è certamente questo il luogo per addentrarsi nel concetto di etica, ma è essenziale che il giovane abbia la capacità di essere fedele a un codice deontologico della propria professionalità.
Bisogna sforzarsi a discernere ciò che è positivo dal negativo, il bene dal male e seguire una corretta linea di comportamento.

Quando parliamo di etica professionale o etica del lavoro, significa anche il riuscire a dare un senso al lavoro stesso, riuscire a guardare oltre il contingente.

Ma, oltre a questi tre semplici e chiari “pilastri”, il tutto deve essere immerso in un riferimento ideale, qualunque esso sia, ed è essenziale avere un metro di paragone del proprio agire.

Dobbiamo avere alcuni punti fermi, alcuni “paletti” intorno a cui costruire e ancorare il nostro futuro lavorativo e professionale.

Quali? Dove trovarli?

È questa una ricerca personale e soggettiva.
Il Magistero sociale della Chiesa (vedi l’ultima Enciclica di Benedetto XVI «Caritas in Veritate» sul problema del lavoro e dell’economia, come tutto l’insegnamento di Giovanni Paolo II o le grandi figure come San Josemaria, Luigi Giussani…) e i grandi pensieri laici in materia etica ed economica sono tutte “proposte”, ma poi la scelta è individuale.

L’importante è avere un qualche riferimento che sia come una propria bussola per orientarsi nella vita quotidiana.

In tutto questo l’Associazione di categoria può (e deve) avere un ruolo molto importante.
È quel “corpo sociale intermedio” che deve accompagnare l’impresa a muovere i primi passi e guidarla nell’attività quotidiana. Ma anche qui bisogna fare una premessa importante: l’impresa non è un soggetto astratto, un freddo articolo di codice civile, ma una realtà produttiva che ha il suo fulcro nella persona, nel valore della persona che sia essa imprenditore o lavoratore.

Se poi andiamo ad analizzare le micro imprese o le attività artigianali, ci accorgiamo che intorno alla figura dell’imprenditore vi sono collaboratori che spesso sono i propri familiari.

Ricordiamoci che un’azienda non è solo un insieme di numeri e percentuali, ma un luogo di realizzazione per chi ci lavora.
«Bisogna restituire all’impresa un valore positivo come creatrice di ricchezza e benessere», come evidenzia il già Presidente nazionale di Confartigianato Giorgio Guerrini, in una intervista al settimanale «Tempi».

Le piccole imprese sono la spina dorsale del tessuto produttivo italiano e oggi, continua Guerrini, soffrono i postumi di una sbronza qualunquista, per cui per anni si è fatto credere ai giovani che potevano prepararsi come volevano e poi un modo per inserirsi nel mondo del lavoro l’avrebbero trovato. È necessario – conclude Giorgio Guerrini - illustrare ai giovani le reali necessità occupazionali del nostro Paese…”ut operetur” sarebbe il caso di dire.

Ivan Simeone

venerdì 29 marzo 2013

"Uscire fuori dal torpore !"




“USCIRE FUORI  DAL  TORPORE !”
Quale ruolo per il laico dinanzi a questa crisi ?

Articolo pubblicato sulla Rivista “Intervento nella Società” - Marzo 2013

Ivan Simeone
Direttore Confartigianato Imprese Latina


L’attuale situazione politica si sta letteralmente “incartando” su se stessa. Le attuali forze politiche sono immobilizzare da scandali morali ed economici.
L’ ideale è ormai messo in soffitta e i tecnicismi imperano….ma poi ? Dove stiamo andando ? quale futuro per i nostri ragazzi?
Le ideologie si sono liquefatte. Non vi è più differenza tra la proposta politica di un partito di centrodestra o uno di centrosinistra. I “grillini” di turno cercano di cavalcare la protesta ma senza un disegno ed una proposta organica di governo. Nel frattempo le nostre piccole imprese, le nostre aziende artigiane annega sempre più nell’indifferenza dei nostri politici. Unico punto di riferimento – che piaccia o no- è l’insegnamento della Chiesa in campo sociale, ma i laici –che dovrebbero avere un ruolo determinante- devono avere la forza di svegliarsi dal torpore e rimboccarsi le maniche.
Sulla scena nazionale non mancano i tentativi e gli esempi di lavoro. I laboratori sociali si moltiplicano, come le esperienze in campo economico.
Basti pensare alla “Economia di comunione” di Loppiano degli amici focolarini, abbiamo il tessuto delle tante Associazioni di categoria che si ispirano al mondo cattolico e che hanno dato vita ai “laboratori” di Todi….esperienza ormai superata ma certamente stimolante…una opportunità persa.
Abbiamo l’esperienza di “Rete Italia”, del gruppo interparlamentare sulla sussidiarietà.
Abbiamo le Settimane Sociali e il Festival della dottrina sociale che da qualche hanno, se pur sotto traccia, ha preso il via generando una grande mole di contributi al dibattito socio-politico intorno alla rivista “La Società” di Verona.
Abbiamo il mondo universitario che è altamente strutturato, basti pensare all’Università pontificia Regina Apostolorum di Roma o la Pontificia Università della Santa Croce sempre a Roma, per non parlare poi della Gregoriana….
Abbiamo il variegato mondo delle Associazioni e Movimenti ecclesiali che, grazie ai personali carismi, operano incessantemente per un “bene comune” che si fa prassi.
Ma cosa manca ancora ?
Certamente oggi si sente la mancanza di uomini come Gedda o Enrico Mattei, mancano veri leader riconosciuti e riconoscibili. Dobbiamo riscoprire l’insegnamento del Beato Giuseppe Toniolo, vero padre dell’impegno dei cattolici nella società: dal mondo dell’economia alla cooperazione, dal mondo universitario alle professioni…
Manca il lavorare insieme. Ognuno va per la propria strada senza fare sinergia.
Don Luigi Giussani, oggi in odor di santità, in un importante ed ormai famoso discorso del 1987 alla DC riunita ad Assago (1), ha tracciato una strada da seguire. Giussani evidenziò come una “politica vera è quella che difende una novità di vita nel presente, capace di modificare anche l’assetto del potere”.
Ecco che la politica, al di là degli schieramenti, deve dare risposte concrete alla Persona.
La politica, ci rammenta Giussani, deve decidere se favorire una società come strumento, manipolazione di uno Stato e del suo potere, o favorire uno Stato che sia veramente laico, cioè al servizio della vita sociale e che guardi al bene comune.
Sempre Don Luigi Giussani, nel suo intervento di Assago, ha evidenziato come “è nel primato della società di fronte allo Stato che si salva la cultura della responsabilità”… è il principio della sussidiarietà che si fa operativo.
Tutto ciò lo ritroviamo nella dottrina sociale. Forse dovremmo dare maggior respiro allo studio e alla riflessione sul Compendio della dottrina sociale.
Dovremmo ripartire dalle comunità parrocchiali per aprire “laboratori sociali”; dobbiamo rilanciare quei soggetti intermedi come le associazioni, il mondo cooperativo, i sindacati datoriali e le reti di imprese…..dobbiamo darci una svegliata.

Il ruolo (attivo ?) della Parrocchia.

Il Prof. Vincenzo Antonelli, docente in diritto amministrativo dell’ Università LUISS di Roma, in uno scritto pubblicato sulla rivista “La Società” di Luglio-Agosto 2012, ha sottolineato l’esigenza di riprendere uno studio organico della dottrina sociale all’interno delle singole parrocchie.  Antonelli evidenzia come la dottrina sociale “si pone quale criterio di azione per i laici, ai quali è richiesta una sua conoscenza più esatta. (…) E’ nella parrocchia, continua Antonelli, che la conoscenza della dsc può indurre ed alimentare una nuova capacità ispiratrice ed operativa e legare gli innumerevoli interventi sociali realizzati sul territorio ad una accresciuta consapevolezza”. Ecco che bisogna promuovere e sostenere gruppi di lavoro, laboratori sociali nelle parrocchie come nelle associazioni e in tutti i corpi intermedi. Il problema non è quello di porre in essere partiti “cattolici” –ormai anacronistici- ma ridare forza ad un senso alla politica che possa dare risposte sane ai bisogni della Persona; cosa sancita anche dagli Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020. Purtroppo, su questo versante, diversi parroci sono tiepidi, presi dalla gestione ordinaria della Parrocchia e soffocati dalle incombenze gestionali…..ma i laici ? Anche i sacerdoti devono avere il coraggio di “guardare oltre”; molti già lo fanno ma non basta.

Unità di vita….

In un importante articolo (2), il Sac. Prof. Enrique Colom, del Pontificio Ateneo della Santa Croce di Roma, grande studioso della dsc, ci offre una riflessione sull’importanza di non separare l’insegnamento cristiano dal quotidiano, anche seguendo l’insegnamento di San Josemaria Escrivà che più volte ci ha sottolineto l’importanza dell’unità di vita.
Il Prof. Colom evidenzia alcuni punti come la solidarietà, la sussidiarietà, il concetto di bene comune, il ruolo della Famiglia…fino ad arrivare ad aprire una riflessione sul mondo economico e sul lavoro…il tutto in una unicità di intenti e da un principio basilare: “…la vita cristiana non è tanto una dottrina o una teoria, quanto la vita di Cristo, cioè la sequela…” Questo implica il “seguire” nella sua complessità e totalità, anche nel campo sociale, in riferimento a quella unità di vita e di comportamento. Non possiamo dissociare la fede dalla vita quotidiana; è questo –sottolinea il Prof. Colom- il grande errore del nostro tempo.

Il discorso ci porterebbe certamente lontano e bisognerebbe scomodare diverse Encicliche sociali…tutte cose che si sono sempre dette e ridette ma, forse, è giunto il momento di metterle in pratica e cercare di ridare una formazione alla prassi politica e ridare voce a quei Valori da sempre enunciati dai nostri politici ma, spesso, sacrificati sull’altare laico del pragmatismo…che ci ha condotto sino all’attuale situazione di crisi.
Ora dobbiamo rimetterci in discussione, tutti quanti, e operare concretamente per le nostre comunità, per quel “bene comune” che deve essere non la sommatoria di beni individuali o ridotto ad un benessere socio-economico, come ci ha rammentato il Prof. Colom, ma “Il concetto di bene comune indica il bene della collettività e delle singole persone, di tutti e di ciascuno, un bene che è collettivo e individuale al tempo stesso. Il bene comune è al di sopra degli interessi particolari e degli egoismi corporativi. Il bene comune non consiste nella semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale. Essendo di tutti e di ciascuno è e rimane comune, perché indivisibile e perché soltanto insieme è possibile raggiungerlo, accrescerlo e custodirlo, anche in vista del futuro



Note:
1)     Luigi Giussani – L’io, il potere, le opere (Ed. Marietti)
2)     Santità e DSC “La Società” n. 3 e 4  anno 2012

domenica 17 marzo 2013

L' Artigianato in terra pontina. Introduzione di Ivan Simeone.



«L’Artigianato in terra pontina.
Quale opportunità d’impresa?
Il Saper fare…»
__________________________________________________________________
Prima analisi e guida per la costituzione di una impresa artigiana
Con il contributo della Camera di Commercio di Latina

Introduzione di Ivan Simeone alla ricerca sull'artigianato pontino.

 


L’artigianato è una opportunità

La realtà artigianale nella nostra provincia è considerevole, basti pensare che le imprese attualmente iscritte all’albo camerale sono circa 10.000 su 50.000 del totale delle società. All’interno del mondo artigianale ci sono diversi settori, come ad esempio l’artigianato artistico, che sono sotto-potenziati e che possono divenire una valida e concreta opportunità occupazionale per molti giovani. Il problema è certamente legato alla questione dei sostegni ma anche (e soprattutto) a una giusta informazione nei confronti delle nuove generazioni; il problema, infatti, è anche di impostazione culturale.
Oggi l’artigianato è una opportunità.
L’artigianato non ruota solo intorno al ceramista o all’orafo; non è rappresentato solo dall’impagliatore di un tempo ma da moderne imprese, spesso all’avanguardia. Parliamo di imprese di produzione, di trasformazione, del mondo della moda come quello dell’alimentazione. Una realtà forse oggi sconosciuta ma che registra importanti fatturati e offre posti di lavoro sia per “l’imprenditore artigiano” che per i suoi collaboratori, spesso familiari.
Nella provincia di Latina, alla luce della crisi – ormai palese - del sistema della grande industria strutturatasi nel periodo della Cassa del Mezzogiorno, le micro imprese e le PMI sono le uniche realtà che possono “tenere in piedi” l’economia locale e cercare di offrire risorse e occupazione.

Questo lavoro vuole aprire una finestra sul mondo dell’artigianato nella provincia di Latina e offrire un percorso a quanti vogliano scommettere sul proprio futuro puntando sull’imprenditorialità.
La guida è sostanzialmente composta da tre parti: quella iniziale, dove si va a esaminare sostanzialmente la figura dell’artigiano e del “senso” del lavoro in generale; una seconda parte dove si analizza il tessuto artigianale pontino e una terza parte dove si vuole “condurre per mano” il giovane ad aprire un’attività d’impresa nel settore.
Il lavoro è stato reso possibile sia dall’utilizzo di dati camerali, della Confartigianato nazionale e da documenti, studi e analisi della Confartigianato di Latina, pubblicazioni nonché da ricerche presso siti istituzionali. Inoltre è stata fatta una ricerca diretta presso i comuni della nostra provincia, per cercare di far emergere esperienze e tipicità.

Introduzione

Sappiamo quanto oggi è difficile inserirsi nel mondo produttivo e sappiamo quanta confusione regni intorno al mondo del lavoro e dell’economia. Il momento non è certamente dei migliori, ma dobbiamo avere la forza di cercare e trovare le positività anche nei momenti di difficoltà e di crisi.
«Paradossalmente, la crisi può diventare un’occasione per mettere delle fondamenta più salde all’opera che si sta costruendo, guadagnando più consapevolezza delle ragioni sottese…» sono queste le parole di Juliàn Carròn, teologo e presidente di Comunione e Liberazione, che ci invitano – al di là delle personali convinzioni - ad affrontare l’attuale momento con un atteggiamento costruttivo e propositivo.
Non dimentichiamoci che la parola “crisi”, che deriva dal greco, ha un significato di “cambiamento”, quello che oggi tutti noi stiamo vivendo in ambito economico e lavorativo; è un momento di “cambiamento” anche se spinto da fenomeni non positivi. Per questo dobbiamo attrezzarci sotto tutti i punti di vista, anche intellettuali.
È nostra intenzione, quindi, cercare di mettere alcuni punti fermi affinché il giovane possa scegliere la propria strada o, quanto meno, avere alcuni dati ed elementi su cui riflettere.
Quando parliamo di lavoro, qualunque esso sia, parliamo del nostro futuro e di quello del nostro ragazzo e, di riflesso, delle loro famiglie e dell’intero Paese.

Ma quali sono i primi passi e le prime riflessioni da fare?

Oggi per affacciarsi al mondo della produzione e del lavoro, in generale, dobbiamo tenere presenti alcuni punti forza. Parafrasando il mondo assicurativo, o prendendo spunto dal saggio di Ken Follett «I pilastri della terra», possiamo parlare anche noi di alcuni precisi “pilastri” che sorreggono il proprio futuro professionale e lavorativo, cui i nostri ragazzi dovrebbero fare attenzione:
1) la professionalità
2) la “rete amicale” e relazionale
3) l’Etica professionale
Il tutto “condito” da un riferimento ideale e da un pizzico di fortuna che non guasta mai. Ma andiamo per ordine, tralasciando la “fortuna” che certamente non dipende troppo da noi, anche se chi segue un ordine nella propria vita ha maggiori facilità di realizzazione e poi il resto è più facile che giunga innanzi.
Quando parliamo di professionalità, il concetto base è che il giovane deve “saper fare” qualche cosa, deve avere una passione in una determinata azione e sapere. Ormai i tuttologi hanno fatto il loro tempo; il che non significa che bisogna non essere flessibili (anzi!), ma avere in mano un sapere concreto.
Bisogna essere bravi in un qualche cosa.
La formazione, lo studio, l’aggiornamento professionale, come ci rammenta San Josemaria Escrivà in «Cammino», una raccolta di pensieri e insegnamenti che sono una sorta di manuale di sopravvivenza nella vita quotidiana, è un “obbligo grave”. Bisogna studiare bene, approfondire, comprendendo che questo è un lavoro che poi si capitalizzerà nell’immediato futuro e servirà per orientare concretamente la propria vita quotidiana con tutto quello che ne deriva.
Studiare quello che si vuole, trovare la materia, il corso universitario o professionale che più piaccia o che si confà alla persona e farlo bene, senza perdere tempo. Ovviamente, prima di decidere una strada professionale o d’impresa che sia, bisogna valutare bene sia le proprie reali possibilità – sempre con un atteggiamento propositivo e costruttivo - e il mercato in cui si andrà a operare.
È certamente difficile farlo comprendere ai ragazzi, ma si stanno giocando il loro futuro e devono fare uno sforzo; noi adulti, insegnanti, educatori, dobbiamo ”accompagnarli” in questo percorso. È nostra responsabilità morale.
Il secondo pilastro è la rete amicale e relazionale.
Un grande educatore e pedagogo, Luigi Giussani, in uno dei suoi numerosi scritti, ci ha sottolineato che «come non si può nascere da soli e come non si può vivere da soli, così non si può rispondere al proprio bisogno – qualunque esso sia, anche quello che sembra più singolare possibile - se non in una compagnia, se non con l’aiuto di una compagnia. Da soli – continua Giussani - nessun bisogno può essere affrontato con quella sistematicità che l’organicità della nostra vita esige».
È un concetto importante per i ragazzi di oggi e non solo per loro. Bisogna fare “compagnia”, stare insieme, non isolarsi nel proprio castello mentale e fare sinergia con gli altri; collegarsi con chi vuole percorrere un tragitto insieme, essere presenti e attivi nei contesti in cui si vive (un tempo si parlava di “partecipazione”), dall’università all’associazione professionale o imprenditoriale, dal Club di servizio a una propria comunità locale di riferimento. Non esiste solo il social network di turno, che è solo uno strumento da saper utilizzare e da non farci coinvolgere più di tanto.
Bisogna avere il coraggio di mettere in relazione il proprio “io” con un “noi” che ci darà sicuramente più stimoli e forza nell’agire.
Mai come in questo momento di difficoltà economica e lavorativa, bisogna stare insieme per aiutarsi, scambiarsi pareri e informazioni, dare vita a una interazione solidaristica.
Anche nella scelta della propria attività d’impresa, non bisogna sottovalutare di prendere il largo con forme di imprese cooperativistiche o no profit.
Terzo pilastro è quello dell’etica professionale.
Non è certamente questo il luogo per addentrarsi nel concetto di etica, ma è essenziale che il giovane abbia la capacità di essere fedele a un codice deontologico della propria professionalità. Bisogna sforzarsi a discernere ciò che è positivo dal negativo, il bene dal male e seguire una corretta linea di comportamento.
Quando parliamo di etica professionale o etica del lavoro, significa anche il riuscire a dare un senso al lavoro stesso, riuscire a guardare oltre il contingente.
Ma, oltre a questi tre semplici e chiari “pilastri”, il tutto deve essere immerso in un riferimento ideale, qualunque esso sia, ed è essenziale avere un metro di paragone del proprio agire. Dobbiamo avere alcuni punti fermi, alcuni “paletti” intorno a cui costruire e ancorare il nostro futuro lavorativo e professionale.
Quali? Dove trovarli?
È questa una ricerca personale e soggettiva.
Il Magistero sociale della Chiesa (vedi l’ultima Enciclica di Benedetto XVI «Caritas in Veritate» sul problema del lavoro e dell’economia, come tutto l’insegnamento di Giovanni Paolo II o le grandi figure come San Josemaria, Luigi Giussani…) e i grandi pensieri laici in materia etica ed economica sono tutte “proposte”, ma poi la scelta è individuale. L’importante è avere un qualche riferimento che sia come una propria bussola per orientarsi nella vita quotidiana.
In tutto questo l’associazione di categoria può (e deve) avere un ruolo molto importante. È quel “corpo sociale intermedio” che deve accompagnare l’impresa a muovere i primi passi e guidarla nell’attività quotidiana. Ma anche qui bisogna fare una premessa importante: l’impresa non è un soggetto astratto, un freddo articolo di codice civile, ma una realtà produttiva che ha il suo fulcro nella persona, nel valore della persona che sia essa imprenditore o lavoratore. Il concetto non cambia. Se poi andiamo ad analizzare le micro imprese o le attività artigianali, ci accorgiamo che intorno alla figura dell’imprenditore vi sono collaboratori che spesso sono i propri familiari. Ecco che il discorso cambia.
Ricordiamoci che un’azienda non è solo un insieme di numeri e percentuali, ma un luogo di realizzazione per chi ci lavora.
«Bisogna restituire all’impresa un valore positivo come creatrice di ricchezza e benessere», come evidenzia il presidente nazionale di Confartigianato Giorgio Guerrini, in una intervista al settimanale «Tempi». Le piccole imprese sono la spina dorsale del tessuto produttivo italiano e oggi, continua Guerrini, soffrono i postumi di una sbronza qualunquista, per cui per anni si è fatto credere ai giovani che potevano prepararsi come volevano e poi un modo per inserirsi nel mondo del lavoro l’avrebbero trovato. È necessario – conclude Giorgio Guerrini - illustrare ai giovani le reali necessità occupazionali del nostro Paese…”ut operetur” sarebbe il caso di dire.

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