Anticipiamo la riflessione che verrà pubblicata sul "Notes Credito 2013", edito dalla Confartigianato Imprese Latina, in collaborazione con la Camera di Commercio, per il progetto "Credito e Impresa 2013".
“Non puoi fare una buona economia
con una cattiva etica”.
Oltre i numeri, quali prospettive ? Cosa fare ?
di Ivan
Simeone
Premessa
Quando parliamo di
credito e di finanziamenti per le imprese, mai come in questo momento storico, le
riflessioni che si fanno sono fondamentalmente legate a due particolari
aspetti: l’etica del credito/economica e il “come fare” ad accedere al credito
bancario avendo, oggi, la Banca perso il suo valore di soggetto solidale ed
essendo ormai una azienda che “deve fare profitto”.
E’ triste sentire
direttori di Banca che dicono: “anche noi
siamo una impresa e dobbiamo fare i nostri profitti”, cosa oggi (purtroppo)
sacrosanta ma, nel medesimo momento, questi Direttori non sanno o non vogliono
sapere quali sono state le origini della Banca e quale grande funzione sociale
questa ha avuto nei secoli passati.
Andiamo oltre e cerchiamo
di sintetizzare al massimo la riflessione.
L’ aspetto valoriale,
che purtroppo è ormai retrò, è molto chiaro e possiamo analizzarlo andando a
scomodare l’ultima enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate” ma anche
andando a recuperare i vari documenti del magistero sociale della Chiesa o
pensatori laici ed “eretici” come Ezra Pound o il cattolico, già socialista,
Charles Péguy o, ancora, l’economista Beato Giuseppe Toniolo.
“La crisi non è solo economica, è anche etica, spirituale
e umana…”
Nel 2009, con grande
clamore mediatico e di recensioni, venne promulgata l’Enciclica “Caritas in Veritate”, a firma del
Santo Padre Benedetto XVI. In realtà fu l’ultimo documento di una lunga serie
di interventi, relazioni e atti, che sancirono un evidenziare l’attuale
situazione di crisi e il mostrare una strada da percorrere per recuperare la via
maestra. Come ogni cosa che viene dalla Chiesa, seppur il documento più
realistico (ma certamente scomodo per i potenti), dopo un primo momento di
grande risalto, viene messo “in sonno” dalla nomenklatura intellettualoide
attuale e dal potere politico, il quale riesce ad utilizzare tali documenti
solamente per interessanti (quanto inutili) convegni e seminari ma, di contro,
non riesce a tramutare queste indicazioni in prassi quotidiana.
Nella CV,
richiamandosi alle precedenti encicliche “sociali”, si analizza il momento
sociale attuale, evidenziando una “reale
diminuzione delle reti di sicurezza sociale in cambio della ricerca di maggiori
vantaggi competitivi nel mercato globale, con grave pericolo per i diritti dei
lavoratori, per i diritti fondamentali dell’uomo e per la solidarietà attuata
nelle tradizionali forme dello Stato sociale” (CV 25). Ecco un primo grido
di denuncia verso quelle scelte economiche e di bilancio, troppo spesso imposte
da Istituzioni finanziarie internazionali lontane dalla nostra cultura solidale
e spinte da ben altri interessi economici rispetto agli interessi del nostro
Paese.
Qui registriamo una
vera denunci di “appiattimento culturale”
!
Ecco che nel punto 35
dell’ Enciclica, si evidenzia –rispetto al mercato- l’esigenza di richiamarsi ad una giustizia
distributiva e della giustizia sociale: “Senza
forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può
pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia
che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave”, per
poi richiamare tutta l’azione economica al bene
comune, richiamando tutte le organizzazioni produttive e sindacali ad una “civilizzazione dell’economia” attuale.
Nell’ Enciclica una
parte è dedicata in maniera esplicita sia al mondo economico e finanziario e
sia all’impresa stessa richiamandosi ad una importante “responsabilità sociale” della stessa.
Sono concetti forti e
concreti ma che rischiano di cadere nell’oblio del “politically
correct”. Una interessante ed utile
edizione della “Caritas in Veritate” è quella edita da “ave” con contributi
critici di diversi economisti: “Carità Globale – commento alla Caritas in
Veritate”.
Una vera “guida
all’economia” la possiamo anche trovare sfogliando le pagine del compendio
della dottrina sociale della Chiesa Cattolica, ma certamente non è un testo
alla moda e chi lo ha lo tiene ben riposto in biblioteca, magari in bella
mostra perché è “in”.
Il Santo Padre
Francesco (Papa Bergoglio), in un Suo intervento a Cagliari (22 settembre 2013)
ha evidenziato come “la crisi economica
ha una dimensione europea e globale; ma la crisi non è solo economica, è anche
etica, spirituale e umana. Alla radice c’è un tradimento del bene comune, sia
da parte di singoli che di gruppi di potere. È necessario quindi togliere
centralità alla legge del profitto e della rendita e ricollocare al centro la
persona e il bene comune. (…) va riconosciuto un grande merito a quegli
imprenditori che, nonostante tutto, non hanno smesso di impegnarsi, di investire
e di rischiare per garantire occupazione…”
Da Pound a Péguy
Interessante ed utile
è anche andare a “scomodare” un economista certamente controcorrente e scomodo
come Ezra Pound che ha dedicato
diversi studi per denunciare, già negli anni passati, l’usura e una certa finanza internazionale ed un potere “mondiale”
(oggi si direbbe “globalizzato”) delle banche.
Sembra strano ma le
teorie che all’epoca sembravano certamente inusuali e un po’ “eretiche”
(certamente non in linea con i salotti buoni dell’economia attuale), oggi
evidenziano un barlume di interesse e di attualità anche se il tutto rimane
sempre sottotraccia.
Anche il più
ortodosso Charles Péguy, approdato
al cattolicesimo dopo una esperienza socialista, francese, ha posto in risalto,
nel suo scritto “Il denaro” (1913) oggi divenuto un vero classico della
letteratura francese, un modo diverso di approcciare il mondo del lavoro e
delle stesse dinamiche economiche, dandogli un senso eticamente “alto”. Peguy
parla sovente di “un disgusto senza fine
per il lavoro mal fatto. Un disprezzo più da gran signore per chi avesse
lavorato male…”
Potremmo poi andare a
scomodare tutta l’esperienza dell’economia benedettina o concetti come
“l’economia di comunione” tanto cara ad autorevoli economisti come Zamagni o Luigino Bruni, ma il discorso ci porterebbe molto lontano.
Prima di passare ad
analizzare i “freddi numeri” ed immergerci nelle problematiche del vissuto,
vorrei concludere richiamando le parole di Jòzef
Tischner, sacerdote e docente di filosofia alla Pontificia Facoltà di
Teologia di Cracovia, autore di diversi saggi tra cui “l’etica del lavoro e
della solidarietà”, intellettuale di riferimento della famosa primavera polacca
di Solidarnosc del 1981, quando ci rammenta che “il lavoro è l’asse della solidarietà (…) il dialogo del lavoro serve
ad un fine fondamentale, serve alla vita. Non si può considerare l’aspetto
etico del lavoro separatamente da quel valore che per l’uomo è la vita. (…) Gli
uomini per lavorare e collaborare debbono essere nella verità….”
Immergiamoci ora nei
numeri……
Credito, pressione
fiscale e burocrazia le criticità
Le piccole imprese, le ditte artigiane sono
in affanno. E’ questa una situazione ormai verificata e costantemente
verificabile.
E’ questo un leitmotiv che si ripete da ormai
diversi anni. I problemi sono molti, ma al primo posto vi sono certamente il
difficile rapporto con il mondo bancario e la pressione fiscale eccessiva ed il
peso della burocrazia.
Gli ultimi rapporti dell’ufficio studi di
Confartigianato ci mostrano come per oltre un milione di PMI la pressione
fiscale è di + 22,6% in un anno e le tasse costringono il 58% delle imprese a
chiedere prestiti e dilazioni di pagamento, mentre il 61% rinuncia ad investire
e ritarda i pagamenti dei fornitori. La situazione è d'un tratto sempre più
difficile !
Un
sondaggio ISPO/Confartigianato su un campione di imprenditori artigiani,
condotto tra il 6 il 12 dicembre scorso, rivela che per il 74% delle
imprese, pari a 1.067.214 aziende, negli ultimi 12 mesi la pressione fiscale è
cresciuta in media del 22,6%.
La
percentuale nazionale del 74% di imprese che dichiarano un aumento delle tasse
viene addirittura superata nei casi delle imprese con dipendenti (79%), in
quelle localizzate nel Nord Ovest (83%) e nel Mezzogiorno (80%), nelle aziende
impegnate nel settore dei servizi alla persona (80%).
Il sondaggio mette in luce anche
le pesanti conseguenze della crescita della pressione fiscale: il 33% degli
imprenditori è stato costretto a ritardare il pagamento dei propri fornitori,
mentre il 29% ha dovuto rinunciare a fare investimenti in azienda.
Per il
26% delle imprese l’accresciuto peso del fisco ha causato ritardi nel pagamento
di alcune imposte. Effetti negativi anche sull’occupazione: il 16% delle
imprese ha rinunciato ad assumere personale e il 14% ha dovuto licenziare
dipendenti o ricorrere agli
ammortizzatori sociali.
In più,
per fare il proprio dovere di contribuente, il 58% degli intervistati, pari a
615.000 aziende, deve ricorrere a prestiti bancari o è costretto a chiedere al
fisco dilazioni di pagamento. 40.000 imprenditori non potranno pagare le
imposte per mancanza di liquidità.
Ad
opprimere i piccoli imprenditori italiani non è solo la quantità di tasse ma
anche la complessità per pagarle. Il sondaggio rileva infatti che, in
quest’ultimo anno, per il 57% degli imprenditori sono aumentati anche gli
adempimenti burocratici in campo fiscale.
Il rapporto con la
Pubblica Amministrazione.
La Pubblica
amministrazione è sempre più lenta a pagare le imprese fornitrici di beni e
servizi: nel 2012 il tempo medio è salito a 193 giorni. Tra maggio e
novembre 2012 il ritardo con cui gli Enti pubblici (Amministrazione centrale,
Regioni e Province) saldano le fatture alle imprese è aumentato di 54 giorni.
Per arginare il malcostume
che legge costa 2,5 miliardi di maggiori oneri finanziari dei ‘cattivi
pagatori’, dal primo gennaio sono entrate in vigore le norme che fissano a 30
giorni il termine ordinario per regolare i pagamenti tra Enti pubblici e
aziende private e tra imprese private.
Il rapporto di
Confartigianato rivela che la Pubblica Amministrazione ha accumulato debiti
commerciali per 79 miliardi nei confronti dei fornitori. Di questi, 35,6
miliardi si riferiscono a debiti verso fornitori del Servizio Sanitario
Nazionale.
Soprattutto le Asl
hanno tempi medi di pagamento di 269 giorni che però arrivano a picchi
di 793 giorni in Calabria, 755 giorni in Molise, 661
giorni in Campania, 398 giorni nel Lazio, 349 giorni in Puglia, 308
giorni in Sardegna. Nel complesso i tempi medi di pagamento delle Asl della Mezzogiorno
sono di 425 giorni, più che doppi (+120%) rispetto ai 193 giorni medi delle
Asl del Centro-Nord.
La Pubblica
Amministrazione ha acquistato beni, servizi e investimenti fissi per 167,9
miliardi, pari al 10,6% del PIL. Più dei tre quarti (78,3%) degli acquisti
della Pa per un valore di 131,5 miliardi, è determinato dalle
Amministrazioni Locali, seguono le Amministrazioni Centrali con acquisti per 34
miliardi (20,3% del totale della Pa) e gli Enti previdenziali con 2,4 miliardi
(1,4%).
A livello regionale,
dei 146,3 miliardi di euro di spesa, 98,1 miliardi sono assorbiti dal Centro-Nord
(67,0%) e 48,3 miliardi dal Mezzogiorno (33,0%).
Una boccata di ossigeno dai Confidi
Riguardo all’ “emergenza credito”, bisogna
evidenziare che oggi una “boccata di ossigeno” giunge solo grazie al supporto
dei Confidi, strumenti che
necessariamente devono essere realmente e concretamente supportati dalle
Istituzioni.
Come ben si sa, oggi
la domanda di credito è ufficialmente e statisticamente divenuta “bassa”
rispetto agli anni scorsi, a fronte di una pesante esigenza creditizia reale.
Ciò è dovuto da una sostanziale sfiducia nel sistema bancario ; un sintomo pericoloso poiché dinanzi
all’esigenza impellente di liquidità, le aziende familiari, le piccole attività
rischiano di doversi rivolgere a canali “alternativi e informali”, con
tutto il rischio che ne deriva.
L’ Ufficio credito
della Confartigianato di Latina, oggi riesce ancora ad essere punto di
riferimento grazie ad una rete di operatori istituzionali di supporto, come
Artigiancassa o gli Istituti bancari prevalentemente di prossimità
convenzionati, il tutto accompagnato da una approfondita azione di consulenza
personalizzata, che viene fatta a monte dell’operazione creditizia.
L’
ufficio credito di Confartigianato Latina, tra il 2009-2011, ha erogato oltre
cinque milioni di euro alle piccole imprese locali, prevalentemente nell’area
di Latina città e poi in ordine nel sud pontino e nel nord della provincia.
Riguardo alla tipologia di finanziamenti, vediamo che il 21,57% sono stati erogati per liquidità, il 6,4% per fidi e il 6,4%
per start up, il 13,31% come fondo
governativo antiusura, il 13,90 %
per leasing, il 3,75% per
consolidamenti, il 19,47 % per
acquisto di attrezzature e il 15,2 %
per acquisto di scorte.
Per acquisto di
immobili commerciali ed artigianali, Confartigianato, nel triennio 2009-2011,
ha seguito –tramite le proprie banche convenzionate- pratiche di mutuo per oltre 2.424.000,00
euro.
Altro
dato interessante è l’utilizzo stesso del confidi.
Tra il 2008 e il 2009
il confidi si è reso necessario per circa il 23% delle imprese richiedenti,
mentre tra il 2011 e il 2012, il ricorso al confidi si è reso necessario per l’
84% delle imprese richiedenti. Questo dato evidenzia sia il momento di
criticità del nostro tessuto economico e lo stato delle nostre imprese locali,
ma anche le maggiori richieste di garanzie da parte degli istituti di credito.
Confartigianato,
nonostante i momenti di difficoltà, continua il suo impegno.
Nel 2012, fino a tutto ottobre 2012, il 10%
degli attuali investimenti erogati alle imprese locali, è stato per
consolidamento, il 30% per investimento, 10% di fidi e il 50% per scorte.
Il 2013 ha continuato il suo stato di
problematicità e molte situazioni hanno raggiunto livelli di forte criticità.
Imprese nella morsa
di credito
Sempre seguendo il
filone delle criticità, in ambito creditizio, legate ai debiti con e verso le
PA, possiamo evidenziare come sempre meno è concesso credito alle imprese
italiane: tra maggio 2012 e maggio 2013
(dati dell’m Ufficio studi nazionale della Confartigianato) i prestiti bancari alle aziende sono diminuiti di 41,5 miliardi di euro,
pari al -4,2%. Contemporaneamente il
debito accumulato dalla Pubblica amministrazione
verso le imprese ammonta a 91 miliardi.
Lo rileva un rapporto di Confartigianato che ha
‘misurato’ la crisi di liquidità che
soffoca gli imprenditori italiani: da una parte i finanziamenti bancari
sempre più scarsi e costosi, dall’altra i mancati pagamenti della Pubblica
amministrazione che non onora i propri debiti. Una morsa che sta stritolando le
nostre imprese.
Al calo della
quantità di finanziamenti al sistema produttivo si accompagna l’aumento dei tassi di interesse. Secondo Confartigianato, a maggio 2013 il tasso
medio per i prestiti fino a 1 milione di euro è del 4,36% ma sale al 4,85% per
i prestiti fino a 250.000 euro.
Con questi valori, l’Italia è seconda soltanto alla Spagna per
i tassi più alti d’Europa: la differenza
rispetto alla media Ue è di 84 punti base in più, ma lo spread sale a 148 punti base nel confronto con i
tassi medi pagati dalle imprese in Germania.
Il gap Italia-Ue per i tassi d’interesse
genera un maggiore costo per oneri
finanziari pari a 7,1 miliardi a
carico delle aziende italiane.
Le più penalizzate
sul fronte dei tassi di interesse sono le piccole
imprese con meno 20 addetti. A livello
regionale la situazione peggiore si registra in Calabria dove le piccole imprese pagano i tassi più alti: 10,58%.
Seguono la Campania con il 10,55% e la Puglia con il 10,22%. Sul versante
opposto della classifica, il denaro è meno costoso nella Provincia Autonoma di Bolzano (5,97%), nella Provincia
Autonoma di Trento (6,64%) e in Emilia Romagna (7,94%).
A livello provinciale, la maglia nera del costo del
denaro va a Crotone dove le aziende pagano tassi d’interesse dell’8,4%, con un
aumento di 108 punti base in un anno. Seguono Catanzaro, che registra tassi del
7,99% e un aumento di 73 punti base in un anno, e Vibo Valentia con tassi al
7,82% aumentati di 34 punti base in un anno. All’altro capo della classifica vi
è Bolzano con tassi d’interesse del
3,84% (diminuiti di 46 punti base in un anno), seguita da Udine (tassi del
4,30% scesi di 48 punti base) e da Cuneo
(4,43%, -4 punti base in un anno). In provincia di Crotone, quindi il credito per un’impresa costa il doppio rispetto
a Bolzano.
Le più colpite dal
razionamento del credito sono le imprese
artigiane: a dicembre 2012 lo stock
di finanziamenti è diminuito del 5,7% rispetto a fine 2011, e si attesta a
52,5 miliardi.
Sul fronte dei debiti della Pa verso le imprese fornitrici
di beni e servizi, Confartigianato rileva che nel 2012 l'Italia è il Paese
europeo con la somma più alta: 91
miliardi. Una cifra che rispetto al 2009 è aumentata di 0,3 punti di Pil, a
fronte del calo registrato in Francia, Regno Unito e Spagna. Nello stesso
triennio 2009-2012 il credito alle imprese sul Pil è sceso dal 56,6% al 55,9%,
con una flessione di 0,8 punti di Pil.
Record negativo in Europa anche per i tempi di pagamento della Pa italiana: 170 giorni, vale a dire 109
giorni in più rispetto alla media Ue.
Gli imprenditori italiani pagano molto caro il
ritardo dei pagamenti della Pa rispetto ai 30 giorni previsti dalla
Direttiva europea in vigore da quest’anno: infatti, nell’attesa di quanto loro
dovuto, sono costretti a finanziarsi
rivolgendosi alle banche e ciò provoca un extra costo di ulteriori 2,2 miliardi.
Non si
può fare una buona economia con una cattiva etica.
Guardando al 2014 possiamo solo dire che i
problemi rimarranno tutti, al di là degli appelli in stile politichese che
periodicamente ci giungono dal politico di turno.
Per riprendere la crescita reale ci vorranno
ancora qualche anno ma dobbiamo cominciare a cambiare il modo di affrontare il
reale, altrimenti….
Le banche devono comprendere la necessità di
dare una mano al territorio, riscoprendo il loro antico humus sociale orientato
non solo al profitto ma anche al bene comune del territorio (parola
impronunciabile nell’economia di oggi !), Solo così si riuscirà, forse, a
guardare il futuro prossimo con maggiore positività.
Abbiamo necessità di maggior etica negli
affari, nei rapporti interpersonali, nella politica.
Riprendendo il grande scrittore,
controcorrente Ezra Pound, non si può fare una buona economia con una cattiva
etica.
Fonte
dei dati:
Ufficio studi “Confartigianato nazionale” e
Ufficio Credito “Confartigianato Imprese Latina”.