martedì 21 dicembre 2021
sabato 11 dicembre 2021
Lectio Magistralis di SER Mons Crociata al "Rotary Club Latina"
Mons. Crociata al Rotary Club Latina
Lectio Magistralis del Vescovo di Latina su “Chiesa e Unione Europea”
Il ruolo della Chiesa Cattolica nell’ambito dell’Unione Europea è stato l’argomento trattato da SER Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina e Vice Presidente del COMECE, la Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea, in un incontro organizzato dal “Rotary Club Latina”, tenutosi lo scorso 9 dicembre presso l’Hotel Europa di Latina. L’incontro, presieduto dal dott. Alfredo Cugini, Presidente del Rotary di Latina, ha visto una vera Lectio Magistralis di SER Mons Crociata, che ha analizzato i rapporti sia di carattere giuridico che squisitamente diplomatico che intercorrono tra la Chiesa Cattolica e l’Unione Europea, nonché le problematiche aperte nei numerosi dossier di lavoro. Un intervento preciso ed appassionato che ha raccolto l’attenzione dei professionisti ed imprenditori presenti.
Mons Crociata ha evidenziato come alla Chiesa sta a cuore l’Unione europea ed il bene di tutti i cittadini. La Mission della Chiesa nelle Istituzioni europee, è quello di difendere valori e principi che riguardano il bene comune dei popoli europei senza perdere di vista la propria missione pastorale.
Un cristiano, ha puntualizzato Il Vescovo di Latina, non fa fatica a riconoscersi nei principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, “ciò tuttavia non basta a superare le difficoltà del presente, non tanto nelle relazioni formali, quanto nell’intreccio di tensioni e pulsioni culturali che attraversano il corpo sociale dei popoli europei; tensioni e pulsioni he trovano all’interno delle istituzioni europee sponde e gruppi di pressione che rendono controverse e difficili sia l’interpretazione delle affermazioni di principio della Carta Europea, sia più in generale il dialogo e la comprensione reciproca. Un esempio significativo è rappresentato dalla elaborazione delle linee guida sul linguaggio inclusivo adottate e subito precipitosamente ritirate.”
Nel Suo intervento ai rotariani di Latina, Mons. Crociata ha approfondito tematiche quali il senso ultimo e l’importanza di una Democrazia che deve essere maggiormente partecipata e, riproponendo le parole del Santo Padre Papa Francesco nel discorso dello scorso 4 dicembre ad Atene, ha evidenziato l’importanza di una partecipazione e il coinvolgimento di tutti ad un impegno nella buona politica. Non si può, conclude Mons Crociata rischiare di perdere il dialogo e la mediazione sociale.
Il Presidente del Rotary Club Latina Alfredo Cugini ha concluso la serata evidenziando l’importanza di “alzarsi in piedi” e di impegnarsi sempre più nel tessuto sociale.
Alla presidenza dei lavori erano presenti il Vice Presidente del RC Latina Giovanni Lungarella e i Past President Ivan Simeone e Andrea Nascani.
Latina 11/12/2021
Rotary Club Latina
Documenti - Chiesa e Europa - SER Mons. Mariano Crociata
Chiesa e Unione Europea
Intervento di SER Mons. Mariano Crociata – Vescovo di Latina e Vice Presidente del COMECE al “Rotary Club Latina”
Può essere utile prendere le mosse da un riferimento storico per cogliere lo sfondo in cui si colloca una considerazione del rapporto tra Chiesa e Unione Europea che abbia il sapore dell’attualità. Precisamente negli anni a cavallo dei due secoli (e dei due millenni), nell’Unione Europea si lavorò per darle una costituzione. Tra i dibattiti che animarono la vicenda, si colloca anche quello riguardante l’inserimento nella costituzione della menzione delle radici cristiane dell’Europa.
La proposta fu tenacemente osteggiata e alla fine respinta. Di fatto anche il tentativo di approvare la costituzione andò incontro al fallimento, per il rifiuto opposto da Francia e Paesi Bassi, manifestato in due referendum nazionali, nel 2003 e nel 2005.Il passo successivo fu la redazione di un trattato che prende il nome da Lisbona, la città dove esso fu approvato nel 2007 per entrare poi in vigore nel 2009. Di esso entrò a far parte anche la Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione, la quale all’articolo 17 così si esprime nel primo comma: «L’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale». Poi nel terzo comma aggiunge: «Riconoscendone l’identità e il contributo specifico, l’Unione mantiene un dialogo aperto, trasparente e regolare con tali chiese e organizzazioni». Queste disposizioni costituiscono il punto di riferimento e la base giuridica del rapporto tra Chiesa e Unione Europea, oltre che naturalmente di quello con le altre confessioni cristiane e religioni. Viene riconosciuta la figura istituzionale delle chiese cristiane e delle religioni e considerato necessario intrattenere con esse un dialogo aperto, cioè senza rimuovere questioni e problemi; trasparente, istituzionalmente leale e finalizzato alla comprensione e alla collaborazione, e quindi pubblicamente identificabile; regolare, ovvero legato a un impegno costante di confronto e di condivisione delle rispettive posizioni e valutazioni via via emergenti circa i temi e le situazioni sempre nuove che il cammino dell’Unione presenta.
Se questa è la posizione dell’Unione Europea, da parte loro le Chiese non hanno interessi di parte da difendere, non cercano cioè vantaggi o privilegi di sorta. Se c’è una cosa che sta a cuore alle Chiese e alla Chiesa Cattolica in particolare, essa è l’Unione stessa e il bene comune di tutti i cittadini. In fondo è questo il criterio a cui si attiene l’attività della Chiesa Cattolica in rapporto all’Unione Europea; infatti essa tiene fermo come punto di riferimento l’insegnamento sociale della Chiesa, espresso nella sua forma più significativa dagli interventi dei papi, dalla Rerum novarum di Leone XIII in avanti. Ciò che sorprende è che la gran parte dei valori dichiaratamente professati nei documenti dell’Unione risuona ampiamente della tradizione cristiana a cui naturalmente attinge, dal momento che da essa l’Europa è stata plasmata. Ne è un esempio inequivocabile ciò che leggiamo nel Preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nella Versione consolidata del 2016: «Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia».
Un cristiano non fa fatica a riconoscersi in simili affermazioni. Ciò tuttavia non basta a superare le difficoltà del presente, non tanto nelle relazioni formali, quanto nell’intreccio di tensioni e pulsioni culturali che attraversano il corpo sociale dei popoli europei; tensioni e pulsioni che trovano all’interno delle istituzioni europee sponde e gruppi di pressione che rendono controverse e difficili sia l’interpretazione delle affermazioni di principio appena citate, sia più in generale il dialogo e la comprensione reciproca. Un esempio abbastanza significativo in tal senso è rappresentato dalla elaborazione delle Linee guida sul linguaggio inclusivo recentemente adottate e, subito, precipitosamente ritirate.
Nel rapporto tra Chiesa e Unione Europea bisogna distinguere due livelli istituzionali. Il primo è quello della Santa Sede, in forza del quale il Sommo Pontefice, che la presiede in quanto vescovo di Roma, oltre che sovrano dello stato della Città del Vaticano, in quanto soggetto di diritto internazionale, nomina un suo rappresentante presso l’Unione Europea, precisamente un Nunzio Apostolico; reciprocamente, l’Unione Europea è rappresentata da un suo ambasciatore presso la Santa Sede. Un livello distinto è quello delle Diocesi, i cui vescovi operano congiuntamente attraverso le Conferenze episcopali nazionali. Come dice il Preambolo dello Statuto della COMECE approvato nel 2017, «i Vescovi dei Paesi della Comunità Europea hanno costituito il 3 marzo 1980, con l’approvazione della Santa Sede, la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE) per realizzare la collaborazione».
Come dice l’articolo primo dello stesso Statuto: «La Commissione degli Episcopati dell’Unione Europea (COMECE) riunisce i vescovi rappresentanti degli Episcopati degli Stati membri dell’Unione Europea al fine di perseguire, nello spirito della collegialità, una più stretta collaborazione fra detti Episcopati, in ordine alle questioni pastorali connesse con lo sviluppo delle competenze e delle attività dell’Unione». E ancora il Preambolo specifica: «La COMECE accompagna il processo politico dell'Unione Europea nelle aree di interesse per gli Episcopati dell’Unione Europea; monitora le attività dell’Unione Europea ed informa a riguardo gli Episcopati dell’Unione Europea; comunica alle istituzioni ed autorità europee le opinioni e le visioni degli Episcopati dell’Unione Europea relativi all’integrazione europea». Naturalmente i due livelli, rappresentati dal Nunzio Apostolico e dalla COMECE, operano d’intesa e secondo un raccordo istituzionale definito, poiché entrambi sono espressione della Chiesa cattolica.
Volendo toccare adesso qualche punto del lavoro di monitoraggio delle attività dell’Unione per una informazione degli episcopati e per una comunicazione costante, formale e informale, con i vari organi delle istituzioni europee, vorrei riferirmi allo stato delle questioni alla luce dell’ultima assemblea della COMECE che si è svolta nello scorso mese di ottobre.
Dai rapporti dei vari organismi emerge una delle domande fondamentali con cui l’Unione Europea si trova a confrontarsi, che riguarda il ruolo che essa vuole giocare sulla scena globale, se di uno spettatore indifferente o diviso, o di un attore in grado di modellare il mondo del post-pandemia per renderlo un luogo più giusto e pacifico, sostenibile e accogliente. In questa ottica lo sguardo va agli scenari globali su cui l’UE è chiamata a confrontarsi, ma anche alle questioni interne. Sul piano globale, vanno segnalati: la dichiarazione congiunta del presidente della COMECE e del presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti per un partenariato transatlantico al servizio di un mondo post-pandemia più giusto; la sollecitazione di interventi nell’ambito della tragedia umanitaria in Afghanistan; la segnalazione a vari funzionari dell’Unione della situazione allarmante del Libano, dal punto di vista politico e sociale, oltre che economico; l’incontro con la presidenza slovena del Consiglio dell’Unione Europea; l’incoraggiamento alla ripresa dei negoziati di adesione dei Paesi dei Balcani occidentali all’Unione, a cominciare dalla Macedonia del Nord e dall’Albania (per richiamare solo i punti principali).
Sempre sullo scenario globale, l’attenzione viene mantenuta alta sul partenariato UE-Africa, con l’insistenza per una strategia complessiva verso l’Africa, e poi con la focalizzazione su temi specifici come l’importanza del patrimonio religioso e culturale, soprattutto il miglioramento della sicurezza alimentare in Africa, e temi specifici come la drammatica condizione dei minori in carcere in Sierra Leone. Un ambito che emerge in prospettiva globale è quello della sicurezza e della difesa europea. Di particolare urgenza il problema dell’equità globale dei vaccini e la crisi irrisolta dei confini orientali dell’Ucraina.
I dossier sulle questioni interne sono molteplici. Anche qui, allo scopo di dare un’idea delle materie sottoposte allo studio e a iniziative di informazione, dialogo e confronto, citiamo i capitoli principali.
· I diritti fondamentali (che includono una varietà di temi, come le norme sul trattamento dei dati, la protezione del bambino, la lotta contro i crimini e i discorsi di odio, la protezione dei luoghi di culto, la macellazione rituale degli animali, il divieto di simboli religiosi in pubblico e la legislazione antiriciclaggio);
· gli affari sociali ed economici (su questo in particolare la difesa del lavoro dignitoso, anche delle persone con disabilità, e del giorno festivo settimanale comune, la tassazione delle imprese digitali e la sua redistribuzione);
· le questioni di etica, ricerca e salute (la prima proposta della Commissione Europea di regolamentazione giuridica dell’intelligenza artificiale, l’etica finanziaria, la cura degli anziani, la politica per la salute e in particolare la produzione e la distribuzione dei vaccini anche oltre i confini dell’Unione, il molto discusso ‘Rapporto Matic’ sulla salute delle donne, che per la prima volta avanza l’idea di un ‘diritto’ all’aborto, il diritto all’obiezione di coscienza);
· il fenomeno delle migrazioni e la richiesta di asilo (con la rassegna di tutti i fronti su cui l’Unione è esposta ai flussi migratori e la segnalazione delle gravi condizioni in cui versa, spesso con la perdita della vita, la massa di migranti che torna ad essere numericamente consistente anche se non nella misura della fase precedente alla pandemia);
· la cultura e l’istruzione (su cui da un po’ si affaccia l’interesse della COMECE, portandosi sullo spazio europeo dell’istruzione, sull’istruzione e formazione professionale, sulla promozione della cultura e la tutela del patrimonio culturale), le politiche giovanili e il tema della sostenibilità (in particolare nella politica agricola e con il cosiddetto Green Deal europeo).
Un tema ancora all’attenzione costante del segretariato della COMECE è quello della libertà religiosa, che ha fatto emergere in questi ultimi anni un atteggiamento un po’ tiepido da parte della Commissione Europea sull’argomento. La nomina di un Inviato speciale dell’UE per la promozione della libertà di religione o di credo nell’azione esterna ha richiesto tempi estenuanti e la ricerca di un candidato è nuovamente in corso a causa della nomina ministeriale nazionale della personalità originariamente identificata (Christos Stylianides). Il problema si segnala come rilevante sia all’interno dell’Unione (basti pensare alle restrizioni che la pandemia ha indotto a introdurre nell’espressione pubblica: non a caso il papa ha parlato in questo ambito di “persecuzione gentile”) sia, soprattutto, in numerosi Paesi terzi. L’impegno della COMECE su questo punto è rilevante, grazie anche alla collaborazione con altri soggetti internazionali, soprattutto religiosi.
Questa arida elencazione, peraltro incompleta, di questioni fatte oggetto di costante scambio di informazione e documentazione, oltre che di disamina e di iniziativa nel dialogo interno e con l’Unione, credo possa dare l’idea di come si conduca il rapporto tra Chiesa cattolica e Unione Europea. Accanto alle tematiche, tuttavia, bisognerebbe considerare il processo complessivo in atto dal punto di vista religioso e culturale, che dice meglio la ‘temperatura’ reale, più che formale e istituzionale, tra ciò che la Chiesa rappresenta e gli orientamenti di fondo di cui l’Unione Europea si fa interprete.
Per questo motivo, è necessario ricordare che al centro di tutto l’impegno della COMECE sta la scelta europea: «la Chiesa porta avanti e difende, senza esitazioni, l’ideale europeo e il relativo processo di integrazione», come ha detto il card. Hollerich nella sua relazione introduttiva. È senza dubbio importante, in tal senso, al di là del modo viene gestita soprattutto in rapporto alle Chiese, la Conferenza sul futuro dell’Europa, un’iniziativa comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, avviata nel maggio 2021 e destinata a concludersi nella primavera 2022, con lo scopo di aprire uno spazio di dialogo e di discussione in merito al ruolo e alle strategie dell’Unione, per consentire a cittadini e soggetti europei di esprimere le loro opinioni e le loro aspettative sulle future politiche e sulle priorità dell’Unione. L’attenzione della consultazione si concentra in modo particolare su tre ambiti: cambiamento climatico e ambiente, trasformazione digitale, migrazione.
In realtà la questione cruciale che l’iniziativa segnala, con la sua stessa proposta, è quella della democrazia e dei valori. In tal senso il presidente della COMECE nella sua relazione ha osservato che si può «legittimamente insistere su una maggiore trasparenza dei processi, inclusi quelli legislativi, a Bruxelles. Essi rimangono non poche volte quasi impermeabili al pubblico scrutinio, perlomeno nelle fasi inter-istituzionali. Possiamo inoltre chiedere ai nostri interlocutori istituzionali quali strumenti e meccanismi si stiano delineando nelle discussioni in seno alla Conferenza per consentire una partecipatività maggiore da parte dei cittadini nella vita dell’Unione. Lascia un po’ perplessi anche la tendenza a mescolare il più debole riferimento ai “valori” fondamentali, con quello ai diritti fondamentali, ai quali si deve accompagnare il relativo contrappeso dei doveri». Importante dunque l’iniziativa della Conferenza, che tuttavia deve essere messa al riparo dal rischio di ridursi a una operazione di pura cosmesi, a cui non faccia seguito un cambiamento dei metodi e dello stile in rapporto all’opinione pubblica europea e ai bisogni e alle attese delle popolazioni dei Paesi che compongono l’Unione.
Credo che la parola più attuale e puntuale sulle questioni che stiamo toccando l’abbia detta il papa, nel suo recente viaggio a Cipro e in Grecia. Nel discorso del 4 dicembre, tenuto nel palazzo presidenziale di Atene, ha detto:
«Qui è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli. Non si può, tuttavia, che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della democrazia. Essa richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti. In diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di “scetticismo democratico”. Ma la partecipazione di tutti è un’esigenza fondamentale; non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti. Ma c’è pure uno scetticismo nei confronti della democrazia provocato dalla distanza delle istituzioni, dal timore della perdita di identità, dalla burocrazia. Il rimedio a ciò non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma sta nella buona politica. Perché la politica è cosa buona e tale deve essere nella pratica, in quanto responsabilità somma del cittadino, in quanto arte del bene comune. Affinché il bene sia davvero partecipato, un’attenzione particolare, direi prioritaria, va rivolta alle fasce più deboli. Questa è la direzione da seguire, che un padre fondatore dell’Europa indicò come antidoto alle polarizzazioni che animano la democrazia ma rischiano di esasperarla: «Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale» (A. De Gasperi, Discorso tenuto a Milano, 23 aprile 1949). Un cambio di passo in tal senso è necessario, mentre, amplificate dalla comunicazione virtuale, si diffondono ogni giorno paure e si elaborano teorie per contrapporsi agli altri. Aiutiamoci invece a passare dal parteggiare al partecipare; dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti. Dal parteggiare al partecipare. È la motivazione che ci deve sospingere su vari fronti: penso al clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alle povertà diffuse. Sono sfide che chiedono di collaborare concretamente e attivamente. Ne ha bisogno la comunità internazionale, per aprire vie di pace attraverso un multilateralismo che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste».
Questa lunga citazione mi è sembrata la più adeguata a rappresentare lo stato dei rapporti tra Chiesa e Unione Europea, e il giudizio con cui la prima guarda alla seconda, non come osservatore estraneo, ma come attore che ha a cuore l’attuazione del progetto dell’Unione. Questo avere a cuore forse è ciò che esprime meglio il modo di porsi della Chiesa, rispetto a una Unione Europea che non la ricambia certo con la medesima cordialità.
Latina, 9 dicembre 2021
mercoledì 20 ottobre 2021
Latina: "CLAAI Assimprese" per le microimprese familiari del territorio
ECONOMIA & SOCIETA’/ Latina: sostenere Artigiani, Partite IVA e Piccole Imprese familiari, le priorità!
Articolo pubblicato su www.latinacorriere.it
rubrica di Ivan Simeone
direttore CLAAI Assimprese
Avviare da subito una approfondita analisi della situazione socio-economica delle realtà produttive del territorio, intervenire con una programmazione organica che valorizzi le realtà commerciali di prossimità, le aziende artigiane e le tante microimprese locali a conduzione familiare; dare forza allo Sportello comunale del microcredito e “informaimprese” due interessanti ed utili intuizioni, che devono ora prendere il largo; capire realmente le esigenze del territorio con una “azione di ascolto” per poi mettere in campo tutti quegli interventi concreti che possano dare respiro e promuovere l’imprenditoria locale. Sono queste alcune delle priorità che riteniamo essere essenziali per ridare respiro dopo questa emergenza sanitaria, ancora non del tutto superata.
Se gli attuali dati statistici delle imprese ci fanno “vedere” una situazione “che regge”, la percezione del vissuto quotidiano evidenzia una profonda difficoltà.
A livello nazionale (dati che in percentuale ricadono poi a livello locale) un ennesimo grido di allarme è giunto a sostegno delle “partite IVA” e del popolo produttivo dei lavoratori indipendenti in generale che vedono una diminuzione del 5,8% del mondo produttivo “indipendente”, in primis delle partite IVA che spesso vivono dell’indotto delle attività commerciali e artigiane locali. Analisi della CGIA di Mestre.
Crisi del tessuto economico e, conseguentemente, aumento delle “nuove povertà”.
Secondo l’ultimo rapporto della Caritas pubblicato lo scorso 16 ottobre, “Oltre l’ostacolo”, sono in aumento “nuovi poveri” principalmente italiani, di età tra i 18 e 54 anni, vivono in abitazione in affitto, coniugati e con figli minori a carico, un livello di istruzione medio e senza un impiego o con una attività precaria. Una particolare attenzione per i nuclei familiari mono-genitoriali e in difficoltà donne che sono occupate principalmente nei settori del turismo e della ristorazione… guarda caso proprio i settori economici maggiormente colpiti da questa pandemia.
Anche nel nostro tessuto locale le situazioni di difficoltà non mancano; basti andare a parlare con i tanti parroci delle nostre Città i quali sono un punto di riferimento essenziale, una vera “rete solidale” informale.
Bisogna avviare una politica complessiva di interventi organici a sostegno di queste emergenze locali, emergenze che sono sociali ed economiche. Vi è la necessità di dare delle risposte concrete ai bisogni del tessuto territoriale. Si evidenzia una vulnerabilità culturale e sociale ed un ruolo sempre maggiore, nell’ambito della formazione professionale, potrebbe averlo proprio la “Latina Formazione Lavoro”.
A questo proposito riteniamo essenziale che le Amministrazioni locali struturassero un apposito “Assessorato alla Famiglia” che dovrebbe interagire con i servizi sociali e le attività produttive, nonché la costituzione di un tavolo permanente sul lavoro autonomo composto dalle parti sociali e dai rappresentanti dell’Ente locale. Fino ad alcuni anni fa, i rappresentanti delle categorie produttive erano direttamente presenti nelle commissioni comunali; questo permetteva una azione costante di concertazione e di confronto costruttivo. Oggi bisogna trovare nuove forme di dialogo permanente, nel reciproco rispetto dei ruoli istituzionali.
lunedì 4 ottobre 2021
Riconoscimento
Wbinar su autoimprenditorialità e politiche attive. Il Riconoscimento del Rotary Club Latina.
martedì 17 agosto 2021
Diamo forza alla Sussidiarietà Circolare tra imprese e terzo settore
Sussidiarietà circolare, sostegno alle imprese familiari e start up…...ma quale “Visione”per il nostro territorio?
Articolo pubblicato sulla testata on line “Lazio Sociale”
di Ivan Simeone
Direttore CLAAI Assimprese Lazio Sud
Latina - Ora i nomi dei candidati a Sindaco di Latina ci sono e la campagna elettorale può ufficialmente prendere il largo. Già da tempo stiamo leggendo di questo o quell’intervento su singoli problemi del nostro territorio pontino, iniziative e pareri tutti più che validi ma oggi sentiamo la necessità di andare oltre al particolare e di capire, conoscere quale è la “visione”, il disegno d’insieme, il progetto di sviluppo futuro per la nostra Città di Latina, per la Comunità locale. La nostra Organizzazione d’imprese, la CLAAI Assimprese, Confederazione che dal 1954 rappresenta attività artigiane, imprese familiari, servizi….un modo che cerca, tra mille difficoltà, di produrre e creare economia quotidiana, anche nei giorni scorsi con il “Forum 015”, ha cercato di porre all’attenzione il problema e la necessità delle “famiglie” e già in passato abbiamo acceso i riflettori su problemi legati alla valorizzazione della Persona sia essa imprenditore che dipendente. Abbiamo cercato di aprire un qualche ragionamento su una sussidiarietà reale e vissuta nel quotidiano del politico; una “sussidiarietà circolare” che vuole una interazione progettuale e decisionale tra Ente locale, mondo del privato e terzo settore, una azione politico-amministrativa che guardi ai corpi sociali come portatori positivi di interessi economici e valoriali. Il Prof. Stefano Zamagni, padre del neonato Movimento Politico “Insieme” e della riforma del Terzo Settore, in un recente webinar organizzato proprio dalla CLAAI Assimprese di Latina, ha evidenziato come vi è l’esigenza di dare risposte al pensiero sbriciolato dell’oggi e cercare di tornare ad una Civitas che racchiuda in se il concetto della “responsabilità sociale”, ovvero il prendersi cura dell’altro. Ecco che oggi la Politica –quella vera- ha il compito e la responsabilità di orientare l’azione amministrativa verso una “responsabilità sociale”, in primis verso il mondo del lavoro, delle nostre aziende familiari, delle attività artigiane e commerciali. Questo particolare momento di emergenza pandemica, cui siamo ancora immersi, ci dovrebbe insegnare che nessuno può rimanere solo e siamo oggi tutti chiamati all’essenziale, come ci ha rammentato il Santo Padre Francesco nell’intervento al Forum Ambrosetti del 2020. “E’ tempo di un discernimento alla luce dei principi dell’etica e del bene comune (…) e siamo chiamati ad essere creativi come artigiani, forgiando percorsi nuovi e originali per il bene comune…..” Tutto questo deve oggi tradursi in prassi politica e amministrativa. Questa è la vera sfida cui sono chiamate le forze politiche che oggi concorrono per la guida del nostro Comune. La “Comunità Produttiva” del territorio, nonostante la pandemia, con estrema difficoltà sta cercando di tenere le posizioni, pur tra mille contraddizioni. I dati di Movimprese del secondo trimestre sono indicativi. Nella nostra provincia di Latina registriamo un saldo positivo di 471 imprese. Nel Lazio –come evidenziato anche dallo studio della CGIA di Mestre- le imprese artigiane hanno avuto un saldo positivo di + 2.706 unità raggiungendo la cifra di 97.051 imprese artigiane. E’ certamente un segnale che ci fa ben sperare anche se poi i dati reali dovremmo leggerli al termine della pandemia con la fine dei vari sussidi che, pur piccoli ma sono arrivati; ma un grido di allarme è stato lanciato per i lavoratori autonomi che spesso sono rimasti senza sussidi e né ristori. Un segmento produttivo che non è rappresentato come si dovrebbe, il così detto “popolo delle partite IVA”. Secondo una stima della CGIA di Mestre, causa COVID su 10 posti di lavoro persi, 8 sono di lavoratori autonomi che non hanno cassa integrazione e rimane loro solo il fallimento di una esperienza lavorativa finita male e l’angoscia di come reinventarsi il proprio futuro, spesso nella solitudine più totale. A questo mondo, a questa comunità che giornalmente cerca di produrre, la politica deve dare risposte concrete in un un progetto complessivo di sviluppo del territorio. La politica ha una grande responsabilità ma saprà raccogliere questa sfida?
martedì 27 aprile 2021
Appunti operativi d'impresa: il business plan
Dal “Business Plan” all’Arte della Guerra di Sun Tzu
Mettiamo radici al nostro sogno imprenditoriale.
Aprire una nuova attività d’impresa, sia essa piccola o più strutturata non è certamente una cosa semplice e implica diversi aspetti sia di carattere formativo che finanziario e di strategia commerciale. Spesso si ha un bel sogno, un buon progetto dettato “dal cuore” o scaturito dagli studi appena terminati o, ancora, dall’esigenza di rendere impresa una precedente attività professionale avuta da “dipendente”. Ma come “mettere per terra” la propria idea? Il primo passo che dobbiamo fare è quello di costruire un attento e approfondito “business plan”, ma andiamo per ordine.
Prima ancora della realizzazione del proprio progetto di investimento bisogna aver ben chiaro a cosa si va incontro. Certamente se vado a leggermi il saggio “Volevo solo vendere la pizza” di Luigi Furini, edito da Garzanti, forse qualche perplessità mi viene, sommerso dai tanti balzelli, corsi, leggi e obblighi cui dovrò far fronte, ma con una buona impostazione iniziale, una buona programmazione finanziaria e supporti di consulenti capaci e professionali il sogno imprenditoriale può prendere il largo ma la formazione personale e la sensibilità imprenditoriale è sempre un punto essenziale da coltivare.
Le librerie sono stracolme di saggi sull’autoimprenditorialità, il business d’azienda, sul come aprire una attività… tutti molto interessanti ed utili, anche se bisogna saper discernere. Un saggio che possiamo definire “cult”, un riferimento per le sollecitazioni che offre, è l’“Arte della Guerra” di Sun Tzu da molti definito un vero manuale di gestione d’impresa, che consiglio vivamente di leggere attentamente per imparare a gestire i conflitti quotidiani in cui ognuno di noi costantemente si imbatte.
Quali professionalità, quale esperienza “certificata”?
Una delle prime cose da valutare è la/le professionalità che devono essere presenti nella nuova attività. Aspetto essenziale che viene valutato dalle banche, è la professionalità reale e concreta dell’imprenditore. Se voglio aprire una pizzeria, io che ho un trascorso da consulente amministrativo, certamente non avrò credito come una persona che ha lavorato in un ristorante. Quindi valutare la formazione professionale, corsi, titoli e soprattutto l’esperienza che deve essere “certificata”.
Il Business plan
Dobbiamo poi scontrarci con la fredda realtà commerciale e finanziaria. Molto spesso, quando ho avuto modo di confrontarmi con start up, mi sono visto recapitare un paio di foglietti con uno specchietto di entrate/uscite che mi veniva presentato come business. La pianificazione di una start up/nuova impresa è tutt’altra cosa. Il Business Plan, per chi voglia cominciare una attività, è l’elemento essenziale di programmazione e biglietto di presentazione per banche ed investitori. Deve essere fatto in maniera professionale e completa. Non sono solo i due numeri da mettere in colonna, ma rendere “visibile” una idea imprenditoriale e renderla sostenibile finanziariamente. In “CLAAI Assimprese” -consulenza@claai-assimprese.it- assistiamo direttamente coloro che necessitano della redazione del progetto di investimento ma, essenziale, è che la redazione venga effettuata in stretta sintesi con il neo-imprenditore e che non venga fatto un “copia incolla” made by internet. Il business plan è come un vestito di sartoria, che deve essere cucito addosso al nostro giovane imprenditore. Non fidatevi di chi vi propone documenti precostituiti. Un buon documento, ovviamente tarato sull’impresa nascente, deve essere composto sia da una parte descrittiva dell’idea imprenditoriale, dall’analisi dei processi produttivi e/o dall’erogazione dei servizi, eventuali innovazioni di progetto e le analisi di mercato e gli aspetti commerciali, costo del prodotto/servizi e analisi della concorrenza, analisi swot e un cronoprogramma delle attività previste. Necessita cercare di presentare e “trasmettere” l’attività che si vuole avviare e le motivazioni che la animano. Bisogna specificare l’organizzazione che si intende strutturare. Basilare è l’analisi di settore in cui la nuova impresa si troverà ad operare fino ad arrivare al piano marketing con le sue strategie, le risorse e gli obiettivi. La seconda parte del nostro business plan è prettamente finanziaria, con un bilancio analitico minimo a tre anni con i ricavi previsti, piano degli investimenti, conto economico preventivo e stato patrimoniale sempre, ovviamente, preventivo. Evidenziare se vi sono capitali propri inseriti nel progetto. E’ bene che una parte dell’investimento sia proprio dei neo-imprenditori per evidenziare agli investitori ipotetici che a rischiare in solido sono per primi coloro che vogliono avviare la nuova attività. Non sono analisi semplici ed è necessario farsi affiancare da consulenti ed interagire costantemente con loro. Un buon piano di investimento, business plan, è alla base di ogni richiesta di finanziamento, sia bancario che legato ai vari bandi dedicati alle nuove imprenditorialità e ancor più se si vuole far ricorso al microcredito e deve essere snello, efficace ed il più completo possibile. Per ulteriori consigli e approfondimenti si può chiedere un contatto mandando una mail a consulenza@claai-assimprese.it
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